Cosmopolitics

I poeti della metropolitana di Londra

All on the board è il marchio di una campagna contro la solitudine, contro la depressione, contro la maleducazione anche

Paola Peduzzi

Non è vero che siamo tutti dentro i nostri telefoni e non abbiamo bisogno di altro, non è vero che gli incoraggiamenti casuali sono roba da buonisti. Non è nemmeno vero che siamo così distratti da non notare la vita attorno a noi

Jeremy Chopra e Ian Redpath hanno iniziato nel 2017 a scrivere poesie sulle lavagnette della metropolitana londinese, quelle dove si trovano gli avvisi sulla circolazione dei treni. Le regole delle lavagnette erano rigide: i colori dei pennarelli, le informazioni da scrivere, il linguaggio da utilizzare. La stazione di North Greenwich fece un’eccezione perché il personale si accorse che quei messaggi non soltanto erano letti (a differenza degli avvisi) ma per alcuni erano quasi un appuntamento, un momento di sollievo, forse una necessità. Da lì a pochi mesi i due autori – N1, che sta per “none”, nessuno, ed E1, che sta per “everyone”, chiunque, che hanno rivelato da poco la loro identità ed erano sempre mascherati quando ancora le mascherine non erano un obbligo – hanno iniziato a scrivere messaggi e versi su tutta la rete della Tube, firmandosi “All on the board”, che poi è diventato un account Instagram e una firma riconoscibile e conosciuta a tutti i pendolari della capitale britannica. A novembre, Jeremy e Ian si sono tolti la maschera e hanno pubblicato un libro che si intitola “All on the board” e che raccoglie la gran parte dei messaggi e delle poesie scritte in questi anni (compresa quella su Michelle Obama che l’ex first lady vide quando andò a Londra a presentare il suo memoir). Ian, che come Jeremy è un dipendente della metropolitana londinese, ha raccontato che dieci anni fa una ragazza si è buttata sotto il treno mentre lui era alla guida. E’ rimasto traumatizzato, ogni tanto gli capita di rivedere il volto della ragazza nell’oscurità, i suoi occhi anche perché, ricorda, mentre lei si buttava “ha incrociato il mio sguardo e ha sorriso”. Così Ian ha iniziato a leggere poesie e a scrivere versi. Ha anche cominciato a guardarsi intorno: non vedeva più soltanto passeggeri, vedeva sorrisi, tristezze, preoccupazioni, occhi lucidi, sguardi complici. Le vite degli altri. “Se lavori a Oxford Circus, puoi vedere tutto quel che vedresti in una vita  in soli sei mesi”, ha detto. Parlando con Jeremy è nata l’idea di lasciare messaggi che non fossero i soliti avvisi che ti aspetti: non volevano essere riconosciuti, volevano dare sollievo, gettare un po’ di leggerezza in mezzo alle corse frettolose dei passeggeri, far pensare, ridere, fantasticare. Quattro anni dopo, All on the board è il marchio di una campagna contro la solitudine, contro la depressione, contro la maleducazione anche. Il riconoscimento più grande, dicono N1 ed E1, è stata la foto su Instagram postata da Liam Gallagher con uno dei messaggi sulla lavagnetta dedicato ai suoi fan.  Ma sono i continui ringraziamenti che fanno andare avanti Ian e Jeremy in questa loro doppia vita: non è vero che siamo tutti dentro i nostri telefoni e non abbiamo bisogno di altro, non è vero che gli incoraggiamenti casuali sono roba da buonisti. Non è nemmeno vero che siamo così distratti da non notare la vita attorno a noi.
Durante la pandemia, i treni sono rimasti vuoti (ad aprile e maggio c’era il 4 per cento del numero della media di passeggeri dell’anno precedente), ma durante le tregue dai lockdown i messaggi hanno accompagnato i passeggeri, con i ringraziamenti dovuti a medici e infermieri e ai lavoratori essenziali, ma anche con molta gentilezza e comprensione: uno dei messaggi che è finito in più selfie diceva “la vita è un viaggio, e in questo momento la carrozza in cui siamo tutti è in una galleria, ma un giorno rivedremo la luce”. Anche se tra i preferiti c’è quello che parte come tutti gli avvisi con tono formale e poi dice: non lo possiamo nemmeno immaginare oggi quanto forte ci stringeremo quando sarà di nuovo possibile. Gli abbracci che non avevamo mai visto prima. 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi