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Contro la May prevale la legge dello sfinimento

Paola Peduzzi

Nel Regno dei capricci non basta nemmeno più saper gestire un asilo

Dovete piantarla, dice Theresa May, dovete piantarla di spifferare ai giornalisti quel che avviene all’interno degli incontri del governo, abbiamo delle responsabilità nei confronti del pubblico britannico, cerchiamo di non perdere la concentrazione e di comportarci da persone responsabili. La May prova a rimettere ordine nel caos del suo partito e del suo esecutivo, chiede un po’ di segretezza nel momento in cui nessuno sa tenere più la bocca chiusa, e infatti l’ascolto nei suoi confronti è minimo, anzi, il gioco è proprio questo: fare il contrario di quel che dice il premier, tanto ormai non può più nulla, debole com’è, semmai lo sfinimento sarà, come avviene nelle case di tutti noi, la causa definitiva della sua resa.

   

Ognuno ci mette del suo. Philip Hammond, cancelliere dello Scacchiere che è stato a lungo considerato il più cauto, il più ragionevole, “l’adulto” della situazione, lavora per conto suo a una Brexit che non è Brexit, e intanto fa in modo che il suo rivale, il ministro della Brexit David Davis, faccia più brutte figure possibili (Davis ormai non vivrà più di un’immagine propria, lo guarderemo e penseremo a quel che ha scritto di lui Dominic Cummings, ideatore della campagna per la Brexit, un altro che ha perso compostezza e lucidità da un po’: Davis è “molto stupido, pigro come un rospo, vacuo come Narciso”). Il compito non risulta difficile, i leader inglesi sembrano tutti improvvisamente incapaci di fare alcunché, se non insultarsi a vicenda: parlano a sproposito, si presentano a incontri epocali (tipo ieri a Bruxelles per il round di negoziati per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea) senza uno straccio di quadernetto, un ghigno forzato e via, vediamo che cosa riusciremo a tirar fuori strada facendo, e passano il tempo ad ascoltare i rumors nei corridoi come se fossero la sintesi esatta dello stato della loro leadership. C’è un regista che orchestra questa colossale lite in diretta da reality show? Alcuni dicono che sia Michael Gove, il solito Michael Gove, ora ministro dell’Ambiente ed ex manovratore in chief dei falchi della Brexit: lui e i suoi smentiscono, anche molti giornalisti smentiscono, non tanto per difendere l’onore del ministro ma perché questa storia l’abbiamo già sentita giusto un anno fa e lo sappiamo per certo che Gove come regista di scontri non è affatto bravo. Forse si nutre della rabbia d’altri, resta in piedi come il risultato di furie altrui, ma tale spiegazione pare bieca persino in questo regno del capriccio che è diventato il governo inglese.

  

La regia non c’è, ci sono soltanto ministri che vogliono il posto della May senza sapere bene che farsene, c’è soltanto un premier che ogni giorno subisce un’umiliazione nuova: la sua ex capa della comunicazione scrive un articolo fiume sul Magazine del Times per raccontare che la vita a Downing Street è come quella in un asilo, e le bambine sono tutte isteriche (viva la solidarietà femminile!); suo marito invece – così dice uno degli innumerevoli leak – continua a ripeterle di dimettersi, non si sa perché sia stanco lui o perché dubita che lei possa in qualche modo farsi valere e recuperare briciole di credibilità; ieri è arrivato persino il consiglio non richiesto del predecessore David Cameron, che di fatto ha messo il paese in questo guaio (il primo a sbagliare il calcolo sulla Brexit è stato lui) e che oggi però dice alla May e ai Tory che c’è bisogno di una nuova visione, di aria fresca, di un respiro d’ottimismo. Ci vorrebbe una strategia, insomma, ma nella furia post elettorale la May ha dovuto sacrificare i suoi fedeli alleati, Nick&Fiona, ex chief of staff in formato doppio che hanno gestito la linea del governo con fare molto autoritario: erano loro gli addetti alla strategia, ma non ci sono più, e ora si dice che la May li senta e li veda in gran segreto perché va bene ammettere gli errori, mettere un po’ di belletto a una bruttura come l’elezione persa e la Brexit, ma poi governate voi in solitudine, se siete capaci.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi