Priti Patel tiene un discorso a favore del leave (foto LaPresse)

Era ora, arrivano le ragazze nella Brexit-lotta. Il tradimento imperdonabile della “poster girl”

Paola Peduzzi
Secondo alcune indiscrezioni, anche il campo del “remain” vuole mobilitare le sue leader donne: non vale però alcuna considerazione rassicurante del tipo il-gioco-diventa-duro-arrivano-le-dure. Le donne arrivano per mettere in difficoltà Boris Johnson.

Priti Patel è la “poster girl” della campagna per la Brexit, uno dei pochi volti femminili della campagna referendaria britannica. Nei prossimi giorni il sottosegretario per l’Occupazione sarà sempre più presente e visibile: è iniziato il periodo dei dibattiti, il premier David Cameron è già stato bistrattato in diretta tv, toccherà anche alla Patel qualche performance con le domande dal pubblico, ma lei ha dalla sua parte, a differenza del suo capo, una coerenza d’acciaio, un profilo di destra tradizionale che non teme alcun confronto con gli indipendentisti dell’Ukip né con il catastrofismo del governo.

 

Secondo alcune indiscrezioni, anche il campo del “remain” vuole mobilitare le sue leader donne: non vale però alcuna considerazione rassicurante del tipo il-gioco-diventa-duro-arrivano-le-dure. Le donne arrivano per mettere in difficoltà Boris Johnson, che come si sa ama molto la compagnia femminile ed è abbastanza semplice metterlo in difficoltà sulle questioni amorose. La ministra per l’Energia, Amber Rudd, e la leader dell’Snp Nicola Sturgeon saranno le guide del movimento delle valchirie che sfideranno Boris giovedì al dibattito organizzato dall’Itv (a poche ore dal voto, il 21 giugno, il volto nuovo che sfiderà Boris è quello di Ruth Davidson, la leader dei Tory scozzesi che ha riportato il Partito in quel nord in cui non esisteva praticamente più, simbolo di un conservatorismo rurale ben diverso dal modello etoniano che va forte a Londra: non sarà soltanto una sfida sulla Brexit, ma su due modelli di Tory).

 

Come si diceva, l’unica motivazione del dispiegamento femminile è data dal fatto che l’elettorato femminile è considerato dai sondaggisti il più indeciso. Ancora non sa cosa voterà, ancora non sa se restare in Europa è una garanzia di sicurezza o se il rischio dell’uscita è invece un’opportunità da non perdere. L’indecisione è piuttosto comprensibile: se la campagna referendaria aveva l’obiettivo di chiarire le idee, il risultato è che le ha confuse. Chi era convinto è rimasto convinto, soprattutto se si partiva euroscettici: difficile diventare europeisti in tre mesi, ancor meno quando il campo del “remain” non è mai riuscito a spiegare perché l’Europa è bella, s’è limitato a dire che senza sarebbe un disastro. Priti Patel è in questo senso una testimonial perfetta, perché non ha mai avuto un’indecisione, è una schietta e diretta, al punto che dice al suo premier: tu non vuoi parlare di immigrazione perché non sei preoccupato, nessuno ricco come te è preoccupato, sono i non-ricchi che perdono lavori e stipendi a causa dei migranti a essere preoccupati. In un baleno la discussione sulla Brexit è diventata anche lotta di classe, o meglio è tornata a esserla, perché Cameron, e ancor più il suo cancelliere dello Scacchiere George Osborne, sono da sempre accusati di essere troppo elitari per saper davvero governare il Regno Unito.

 

C’è di buono che avendo come rivale Boris Johnson, il male dei ricchi figli di papà può considerarsi ben distribuito. Ma Priti Patel, che è figlia di immigrati indiani del Gujarat trasferitisi in Uganda e scappati negli anni Settanta dal regime di Amin, può lanciare la lotta di classe e ritrovarsi dalla parte più popolare: i suoi genitori avevano un negozio, lei ha passato l’adolescenza ad aiutarli, alla mattina presto e alla sera tardi, spesso abitando in quartieri in cui una ragazzina indiana non incontrava molta benevolenza. E’ per questo motivo, per questa storia di determinazione e di riscatto, che Cameron scelse la Patel prima del 2010 tra i giovani conservatori che avrebbero trasformato il partito. Non si aspettava questo tradimento così clamoroso, Cameron: pare che sia infuriato con la Patel, che ormai si mostra a tutti i comizi assieme a Boris Johnson e Michael Gove, il trio dei traditori. Ma se il premier pare disposto – così dicono alcuni – a perdonare i suoi amici, per Patel il perdono potrebbe non esserci mai. Perché lei si è messa troppo in mostra, perché ora c’è chi fa l’equazione “figlia del droghiere” e sogna, perché se una donna deve essere, nella leadership dei Tory, c’è già la ministra dell’Interno Teresa May che aspetta quieta, tenendosi ben lontana dal sangue della Brexit (è a favore del “remain”). Questa Patel vuol rovinare tutto, insomma: i piani di successione, le alleanze, le amicizie. E un uomo che perdona una donna è uno spettacolo che si vede di rado.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi