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contro mastro ciliegia

Storia del Soldato Aiden, un nostro eroe

Maurizio Crippa

Storia del soldato Aide Aslin, che ha sempre dalla parte giusta delle guerre, contro lo Stato islamico assieme ai curdi, poi nel Donbas. Ultima chiamata da Mariupol, dove era coi marines di Kiyv dai primi giorni dell'invasione. "Non dimenticatemi"

Una pistola è un attrezzo né migliore né peggiore di altri: un’ascia, una zappa, una vanga. Se una  pistola è buona o cattiva, dipende dall’uomo che la usa”. Sono frasi che possono dire soltanto gli eroi, i buoni senza necessità di altre specifiche, perché lo sanno già da sé che tipo d’uomini sono. Nell’occasione è Shane, senza specifica di cognome, l’Alan Ladd magnifico Cavaliere della  valle solitaria, una delle migliori incarnazioni di sempre dell’eroe senza paura e che se aveva una macchia l’ha oramai lavata, che non ha bisogno di specifiche per sapere da che parte della storia stare. Famoso soprattutto, al cinema, perché alla fine il bambino gli grida, mentre se ne va senza aspettare un grazie: “Shane! Shane! Come back!”.
 

Aide Aslin (Foto da Telegram)

Aiden Aslin non ha avuto bisogno di cinema né di bussola per sapere da che parte puntare le sue armi, i tiranni di questi tempi stanno tutti a oriente. Ma anche lui è un eroe solitario, di quelli che non hanno bisogno d’altro. Di Newark nel Nottinghamshire, ventotto anni, militare per scelta di vita e volontario per giusta causa. Ultima missione conosciuta, impossible va da sé: 36esima brigata della Marina ucraina, i marines di Mariupol. Forse ora se n’è andato anche lui, nei luoghi senza ritorno, senza perdere tempo a interrogarsi se fosse la direzione giusta. Lo sapeva già. Il mestiere delle armi, si sarebbe detto un tempo. Ma non un soldato di ventura, no: piuttosto un cavaliere errante, di quelli che un tempo giuravano di salvare gli orfani e le vedove. Un soldato senza paura. E chissà quanti ce ne sono anche ora laggiù, dalla parte giusta. Perché ce ne sono, di tipi bravi e tosti come lui.

 

Aiden era a Mariupol, almeno fino a pochi giorni fa. Quando neanche il suo amico americano Brennan né i giornalisti del Washington Post sono più riusciti a contattarlo, e i funzionari dell’esercito di Kiyv hanno saputo solo dire che una parte della 36esima era stata catturata. Se si fossero arresi, non si sa. Dall’inizio era lì nell’inferno, e l’ultima volta che ha chiamato a casa a sua madre ha detto: “Non abbiamo cibo, rifornimenti, munizioni, siamo completamente circondati, dobbiamo arrenderci”. Non gl’importava di sé. In quella che sapeva essere la sua ultima home call sembrava “forte e di buon umore”, chiedete al governo di mandare più armi, aveva detto.

 

Non era lì per caso, o per una forma di rambismo fuori tempo e narrazione. In Ucraina era arrivato nel 2018 per seguire un amore, pare. Come sempre. E aveva combattuto tra i volontari in Donbas contro i separatisti filorussi. Mettere il suo braccio al servizio della parte giusta della storia, contro i tiranni, era la sua vita. Prima era stato in Siria, per tre anni, a combattere contro lo Stato islamico al fianco dei curdi del Rojava. Aveva organizzato una squadra di medici di guerra, addestrato volontari. Poi l’Ucraina. S’era arruolato. C’è una foto che lo ritrae durante un’esercitazione segreta della Nato, 5 luglio 2021. Così dopo il 24 febbraio era con la 36esima brigata alla difesa di Mariupol. Aveva telefonato anche al suo amico Brennan, martedì scorso. “La prima cosa che ha detto è stata: ‘Mi arrendo ai russi’”. Gli ha detto che prima di arrendersi “avrebbe distrutto il suo telefono e lo avrebbe scaricato nel cesso”. Da allora non l’ha sentito più nessuno. Ma l’ultimo messaggio al suo amico è stato: “Per favore, non lasciare che si dimentichino di me”. Perché neanche gli eroi, quelli che combattono senza niente in cambio ma solo per stare dalla parte giusta, possono accettare che di loro non rimanga nemmeno memoria. “Aiden! Aiden! Come back!”. 

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"