Contro mastro ciliegia

Parla meglio Conte

L'avvocato sciorina la sottile lingua dell'accademia e del foro. Contro di lui la Crusca dei social, che gli rimprovera di rivolgersi ai cittadini che lo guardano da casa

Se la mossa del “senatore di Rignano” sia stata del Ko oppure del caciocavallo, se il governo Giuseppi sia vincente o invece tipo Pirlo alla Juve, non saprei dirlo e nemmeno mi importa. Però, per mestiere e un po’ per noia, si è costretti ad avere contezza di quel che commentano in diretta sui social. Non i webeti, ma i giornalisti e persino i frequentatori di talk-show da terza serata. Non solo quelli del centrodestra, che gli hanno urlato “Mastella! Mastella!” come fosse un insulto. Immemori, gli sciagurati, che il gran Clemente fu ministro con Berlusconi ed eurodeputato del Pdl. Grossolanità che nemmeno Calenda.

 

Peggio di loro ci sono questi i digitatori seriali, gradassi degni di stare su Parler ma che invece si impancano a superbiosi custodi della lingua (e va da sé della democrazia). Che sghignazzano perché Conte “si rivolge ai cittadini a casa”. Che gli fa tenerezza perché usa “interlocuzione costante”, perché ha avvocateggia “confermo di avvertire un certo disagio” e persegue un “serrato dialogo”. Con “consonanza e sintonia”. Cioè nient’altro che parole di buon italiano. L’avvocato (ex del popolo) Giuseppe Conte sciorina la sottile lingua dell’accademia e del foro, noiosetta finché si vuole ma acconcia al ruolo e all’Aula molto più delle belinate da liceali arrugginiti e con meno vocabolario, convinti di fare opposizione. “Non possiamo accettare di tutto”, ha detto Zingaretti, un altro che non è proprio Demostene. Sì, ma è difficile accettare anche gente così, che non saprebbe infilare due frasi rotonde come Conte, ma pretende di essere la Crusca dei social.

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