Un dibattito televisivo tra Romano Prodi, Silvio Berlusconi e Umberto Bossi nel 1996 (LaPresse)

Se i lettori-elettori credono a noi, la colpa è loro

Maurizio Crippa

L’idea dell’Agcom di obbligare i giornalisti a dichiarare l’appartenenza politica per poter adire ai confronti in tv è insulsa

Al Foglio facciamo sempre un gioco, prima delle elezioni: pubblichiamo le dichiarazioni di voto dei foglianti. Non è obbligatorio, ed è ovviamente garantita la deliziosa facoltà di mentire. Ma è un’iniziativa istruttiva, e divertente, per due motivi. Uno, è un modo per certificare, contro certi babbei, che si può essere bravi giornalisti anche essendo politicamente di parte. Due, ai tempi in cui eravamo berlusconiani risultava poi che la maggioranza della redazione non lo era. Ai tempi che eravamo antiabortisti non mi ricordo, ma suppongo andasse allo stesso modo. Altra dimostrazione che l’unica cosa che conta è quel che si scrive, sui giornali. L’ideona dell’Agcom, ente più inutile e dannoso del Cnel, di obbligare i giornalisti a dichiarare l’appartenenza politica per poter adire ai confronti in tv è insulsa per due motivi. Uno, non si può obbligare nessuno a dire per chi vota. Due, se l’intendimento è rendere esplicito il fatto che non esistono giornalisti neutrali, beh, noi della premiata gang lo abbiamo sempre saputo e detto. A parte forse qualche immancabile pirla che si atteggia all’inglese: ce n’è in ogni redazione, spesso ai piani alti. Il problema, se all’Agcom ragionassero, è un altro: sono i lettori-telespettatori-elettori che forse non lo sanno, e continuano a bersi di tutto pensando di assorbire Imparziali Verità. Che cittadini così inadeguati esistano davvero, e siano maggioranza, lo si evince empiricamente dal modo in cui poi votano a cazzo. Ma che vogliono da noi, la nostra tessera di partito? Si informassero.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"