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lo stile

Et Bardot créa la femme

Fabiana Giacomotti

Dalle fasce alla choucroute, dalle ballerine agli abitini con scollatura a barchetta: lo stile Bardot attraversa i decenni quasi intatto. Ma non è nostalgia: è una precisa idea di femminilità, che l'occidente vorrebbe ripudiare ma in fondo non ce la fa

Adesso che tutti, in tutto il mondo, elencheranno gli elementi dell’”inimitabile stile Bardot” (ve ne offriamo quattro, certi di non sbagliare anche nell’ordine di apparizione: le fasce per capelli, gli occhialoni da sole, le ballerine col fiocchetto, gli abitini a quadretti Vichy, preferibilmente rosa, sulla scollatura a barchetta la gloria di BB deve essere necessariamente condivisa con Audrey Hepburn, ci torneremo a breve), crediamo valga la pena di capire per quale motivo l’inimitabile stile Bardot, che data la metà degli Anni Cinquanta, sia giunto fino a noi pressoché inalterato e per quale motivo Milly Carlucci continui a sfoggiarne il frangione identitario, insieme con una marea di donne occidentali convinte che la “choucroute”, in senso proprio “il cavolfiore”, in senso figurato quell’acconciatura che include appunto frangia spiovente sugli occhi, i capelli raccolti sulla sommità del capo alla bell’e meglio, come se si fosse scese dal materasso cinque minuti prima, rappresenti l’epitome della sensualità femminile. Semplicemente perché lo è. Perché quella sommatoria di elementi fisici naturali e di accessori accuratamente studiati incarnava, e incarna tuttora, l’alternativa alla maggioratona post-conflitto mondiale, prosperosa e un po’ chiatta, la Venere di Willendorf di cui si aveva bisogno per ripopolare un pianeta devastato dalla guerra. BB - seno piccolo, vita sottile, gambe da ballerina - anticipava le correnti giovanili che avrebbero occupato ogni anfratto culturale e sociale dagli Anni Sessanta; certamente, ricreava quell’ideale di bellezza muliebre pre-adolescenziale, di cui si è nutrito l’Occidente fino alla Rivoluzione Francese (le donne angelicate dello Stil Novo sono bambine pure a prescindere, anche se, come la Laura del Petrarca, sposata peraltro a un de Sade, avevano partorito una decina di figli) e del quale fa parte anche Hepburn nella sua eleganza disincarnata.

Il film che lanciò Bardot nel mondo, “Et Dieu créa la femme”, in italiano “Piace a troppi”, regia di quello scopritore di fanciulle cresciute di Roger Vadim, è del 1956; “Lolita” di Vladimir Nabokov era stato pubblicato a Parigi l’anno prima: entrambi anticipavano un genere, o forse e appunto lo rilanciavano. L’immagine della donna-bambina, dall’aria capricciosa, maliziosa e innocente, attraversa tutta la storia dell’arte e della letteratura fino a incarnarsi nella Marianne a cui BB presta i tratti del volto nei Sessanta, “simbolo di libertà” come ha opportunamente osservato il presidente Emmanuel Macron in morte dell’attrice, poche ore fa. L’Occidente vorrebbe ripudiare l’immagine della donna bambina-vedrai-bambina-se-lo-sai che ogni uomo vorrebbe iniziare al sesso, vorrebbe relegarla a culture ancestrali, al patriarcato di matrice islamica e a tutte quelle espressioni lì, ma in fondo non ce la fa, perché porta inscritta nella sua memoria la storia di Ester e di re Salomone.

Il nasetto capriccioso, le guance paffute, gli occhi brillanti, il corpo che non ha ancora conosciuto gravidanze, la snellezza aggraziata, la capacità di risvegliare i sensi assopiti dei vecchioni: il nostro ideale di donna è ancora questo. Lo è anche nelle sue espressioni estetiche e, appunto, di stile e di moda. Per stare in Italia, a Milano si è superata la choucroute dai tempi dei Vergottini e di Caterina Caselli “caschetto d’oro”, ma dal centro-sud in giù, il cavolfiore è ancora una pettinatura che si ritiene giovanile, non fosse altro perché distoglie lo sguardo dalle zampe di gallina attorno agli occhi. A Milano, dove nessuna adotterebbe il cavolfiore nemmeno in spiaggia, solo capelli tiratissimi e preferibilmente lisci, guai al mollettone e alle ciocche ricadenti, di BB si è invece adottato in via permanente l’uso delle ballerine, in ogni momento e in ogni dove. Donano a pochissime perché regalano un’andatura da paperella che è propria appunto della danza, sono una iattura per la colonna vertebrale, si sformano subito; eppure le mezze punte, acquistate preferibilmente da Porselli, accanto al Filodrammatici, con la piccola suola di cuoio, sono tuttora il segno di riconoscimento di quella “certa Milano” che trova appunto intollerabile l’ovvietà del frangione e il tacco dodici “da velina”. Gli indicatori delle vetrine di Milano-centro segnalano peraltro che stiamo godendo di una forte rimonta sulle friulane di velluto. Gli uomini le detestano entrambe; tranne, appunto, nelle adolescenti.

 

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