Federico Fellini - foto Ansa

Pop corn

Pensieri di cinema e sul cinema, direttamente dai grandi maestri

Mariarosa Mancuso

"La vita è una pellicola al contrario. Pensieri sul cinema" è un libricino di pensieri di tre grandi registi. Fellini, Monicelli, Leone. Target: un lettore interessato al cinema, non però ai tomi e alle lunghe interviste nel catalogo del Saggiatore

“Il vantaggio dei film brutti è che non li vede nessuno”, taglia corto Mario Monicelli, quando c’erano più bei film da vedere che pomeriggi a disposizione. Federico Fellini dice la sua sulla fine annunciata del cinema (l’avranno detto anche a voi che siamo agli sgoccioli, o non ne sapete nulla?). Più che rassicurante, il maestro di Rimini: “Sono trent’anni che faccio cinema e ho sempre sentito dire, ogni anno, che quello era l’ultimo, che il cinema era finito, che era morto. E quante volte ognuno di noi è stato invitato a pronunciare diagnosi in proposito? Abbiamo detto tutto: la gente ha paura di uscire la sera, il prezzo dei biglietti, la concorrenza della televisione, il cinema che si mangia la coda e la trova buona e continua mangiarsela”. Immagine geniale. Applicabile al cinema americano dei supereroi – ora però va di traverso qualche ossicino, parlando di incassi. E al cinema italiano andato avanti a furia di commedie, ogni regista pensando di essere bravo come Carlo ed Enrico Vanzina: “Vacanze di Natale” si può vedere e applaudire 40 anni dopo.
 

Abbiamo preso le citazioni da “La vita è una pellicola al contrario – Pensieri sul cinema” – libriccino confezionato a partire dai volumi che il Saggiatore ha pubblicato sui tre registi, assai lontani tra loro. Sono pensieri organizzati per aree tematiche – anche se un po’ ci si vergogna a dirlo. Sono in realtà comode citazioni, e i tre sembrano parlarsi pochissimo tra loro. Target: un lettore interessato al cinema, non però ai tomi e alle lunghe interviste nel catalogo del Saggiatore. Nell’ultima sezione – “Quando un regista comincia a sognare” – Federico Fellini discute sul bianco e nero e sul colore. Sergio Leone parla dell’oppio, “una droga che fa immaginare il futuro come fosse il passato, creando visioni su quel che accadrà”. Monicelli taglia corto dicendo: “I sogni sono difficili da rappresentare, vengono quasi sempre artefatti, spesso annebbiati da quei fumi ridicolissimi”.
 

Fellini racconta la sua insonnia: “Mi sveglio di scatto, mi aggiro per la casa vuota e silenziosa, canticchio, sbadiglio, apro un gran numero di cassetti, e le finestre. Mi sembra l’unica cosa utile che posso fare in casa”. Confessa di non aver mai acceso il gas, anche il televisore è per lui un’avventura. Poi si guarda allo specchio per controllare “devastazioni e crolli”. Magari fuori tema ma divertente. Sergio Leone aveva più fidanzate in contemporanea, e la mattina immaginava un specie di copione della giornata. Così ha imparato a inventare, ovverossia a raccontare bugie. Mario Monicelli copiava a mano la sceneggiatura finita, per appropriarsene. Suo il colpo di fioretto: “Senza Nino Rota i film di Fellini avrebbero perso metà del loro fascino”.

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