La conferenza stampa di oggi (Francois Durand / Getty Images)

La selezione ufficiale

Il ritorno al futuro di Cannes è il misto di antiche glorie e nomi nuovi

Mariarosa Mancuso

Annunciati i film in concorso, dal prossimo 16 maggio. Tra i soliti noti va segnalato “The Old Oak”, con cui Ken Loach rischia di vincere la sua terza Palma d’oro. E poi Wim Wenders e Wes Anderson. Si spera in Woody Allen

“Back to the Future”, dicono al Festival di Cannes. Tradotto: cinema in sala sempre e comunque, anche per i tiktoker invitati sul tappeto rosso (e pensare che i selfie erano stati vietati). Non hanno cambiato idea sui film delle piattaforme: mai in concorso, fuori concorso solo se escono anche al cinema. Apple TV+ e Paramount hanno dato ampie garanzie per il film di Martin Scorsese “Killer of the Flowers Moon” (esce negli Usa a ottobre). Sarebbe del resto difficile ricuperare 200 milioni di dollari spesi solo con lo streaming. Il ritorno al futuro, parlando del concorso, ha il solito misto di antiche glorie e nomi nuovi, si spera ancora non afflitti dai vecchi vizi. Serviva un bel coraggio per richiamare all’onor dei festival Wim Wenders, e con due film. In concorso ha il dramma giapponese “Perfect Day” e tra le proiezioni speciali il documentario “Anselm”. Doppio programma anche per il documentarista cinese Wang Bing, che racconta i giovani cinesi – e meno male, il suo “Mrs. Fang”, Pardo d’oro a Locarno nel 2017, inquadrava perlopiù il viso con la bocca semiaperta di una donna moribonda (sono cose che non si dimenticano). “Youth” andrà in concorso, mentre “Man in Black” – la storia di un testimone della rivoluzione culturale cinese – andrà tra le proiezioni speciali.

 

Va segnalato, tra i soliti noti sempre cari a Cannes, il film con cui Ken Loach rischia di vincere la sua terza Palma d’oro. Dopo “Daniel Blake” nel 2016 e “Il vento che accarezza l’erba” nel 2006, i tempi potrebbero essere maturi, “The Old Oak” racconta una miniera ormai inattiva nel nord-est dell’Inghilterra, il paese che si spopola, le case vuote prese in affitto dai rifugiati siriani. Meno male che c’è Wes Anderson, con – spiega il direttore Thierry Frémaux – “un film di Wes Anderson”. Per noi vuol dire allegro e pieno di attori, ci saranno Scarlet Johansson, Ed Norton, Adrien Brody, Liev Schreiber. “Asteroid City” torna agli anni 50, una convention di astronomi dilettanti in mezzo al deserto. Una Palma d’oro potrebbe ridare il primato al cinema che non prende a pugni il pubblico. Speriamo nel presidente della giuria, Ruben Ostlund di “The Square”.

 

Sei sono le registe in concorso, su 20 film annunciati (ma ci saranno le aggiunte degli ultimi giorni, e speriamo davvero che possa arrivare Woody Allen con il suo film “Coup de Chance”, pure girato in Francia). La quota rosa è da sempre il punto debole del festival, Thierry Frémaux ci tiene moltissimo – se non altro perché glielo fanno sempre notare in conferenza stampa. Le registe in concorso sono, in ordine di annuncio: Jessica Hausner con “Club Zero”, Kaouther Ben Hania con “Olaf’s Daughters”, “Anatomie d’une chute” di Justine Triet, “La chimera” di Alice Rohrwacher, “L’été dernier” di Catherine Breillat, “Banel et Adama” di Ramata-Toulaye Sy. Fuori concorso Maïwenn, che il 16 maggio aprirà il festival con il moderato scandalo di “Madame du Barry”: la favorita di Luigi XV e Johnny Depp nel cast. Come da regolamento, uscirà nelle sale in giorno stesso, così i produttori e gli esercenti sono contenti e restano amici del festival (che ricambia escludendo chi vede la sala più vicina al passato che al futuro). La squadra italiana è un terzetto, tutti nelle grazie del festival da sempre. Oltre ad Alice Rorhwacher, c’è Marco Bellocchio con un’altra “storia della storia d’Italia”. “Rapito” racconta la tragica vicenda del piccolo Edgardo Mortara, battezzato di nascosto e rapito ai genitori ebrei (siamo a metà dell’800, sulla vicenda c’era un progetto di Steven Spielberg). Nannì Morettì ha un titolo sicuro per i nostalgici, delle sale e di tutto il resto: “Il sol dell’avvenire”.