Foto LaPresse

Venezia 2022

Voyeurismo? In “Blonde” c'è una Marilyn più pornografica del sesso

Mariarosa Mancuso

Le scene erotiche del nuovo film con Ana de Armas stuzzicano e attirano clic, ma l'opera (su Netflix dal 28 settembre) non riesce. Tra tutti i registi, Andrew Dominik era il meno adatto

Tanto vale dirlo subito. Prima che l’attenzione sia risucchiata da commenti & analisi sull’unica scena che in un film di tre ore ha colpito i critici. Mestiere che sa di contare sempre meno, e dunque sul tema organizzava convegni molto prima dei lamenti attuali per le sale vuote. 

Al dunque, le breaking news riguardano le scene di sesso. Stuzzicano, e attirano clic. Soprattutto se accanto alla bionda c’è il presidente degli Stati Uniti d’America. Non Biden, neppure Trump, e neanche Clinton. JFK, chiacchierato perfino nel film di fantascienza “Mars Attack” diretto da Tim Burton, per via della “camera da letto ovale”. Qui si fa politica, mica pettegolezzi. La scena incriminata mostra la faccia di Marilyn Monroe in primissimo piano. Vedremo come Netflix – che produce “Blonde” di Andrew Dominik – se la cava con la distribuzione nei i paesi musulmani, già si sono lamentati per i troppi gay nelle trame.

L’operazione “Blonde” (in streaming dal 28 settembre) non è riuscita. JFK che si fa fare un lavoretto mentre sta al telefono, proprio con chi suggerisce maggiore discrezione con le ragazze, sta nel romanzo di Joyce Carol Oates. Una capace di scrivere – circa a pagina mille di un romanzo che ne conta 1.080, editore La Nave di Teseo – “una grossa e cordiale lumaca ansiosa di farsi più grande”. Provate a rifarlo al cinema. Tra tutti i registi Andrew Dominik era il meno adatto, non serve dire in conferenza stampa che lui e l’attrice Ana de Armas sentivano sul set la presenza di Marilyn Monroe.

Il fantasma di Marilyn avrebbe potuto suggerire che la ragazza maltrattata e praticamente orfana, infelice sia con il giocatore di baseball (italiano) Joe DiMaggio sia con l’intellettuale (ebreo) Arthur Miller, desiderosa di diventare madre e vivere nelle suburb tra casalinghe disperate, nel film “Blonde” è più pornografico del sesso. Il voyeurismo ginecologico supera ogni limite. L’impegno della bionda nella lettura e nello studio minimizzato. “Carne da regalo” per il produttore di turno, nell’ennesimo ritratto di donna infelice. Altro che “vogliamo il pane e anche le rose”, senza sofferenza la donna non esiste, agli occhi di chi fa cinema. Ana de Armas è bella, brava e audace, se non sempre sexy – aiutata da un bel guardaroba, trucco e parrucchiere.

Sei film italiani in gara non potevano stare, “Siccità” di Paolo Virzì viene presentato fuori concorso (i fortunati sono Crialese, Guadagnino, Amelio, Pallaoro e Susanna Nicchiarelli). A Roma non c’è più un goccio d’acqua, il Tevere rivela antichità e carcasse di lavatrici, bidoni vengono distribuiti con il minimo fabbisogno. Siccome la città è corrotta, gli speculatori hanno abbastanza acqua per riempire le piscine degli alberghi. E proteggerle con le guardie giurate. Già il Gian Burrasca televisivo – Rita Pavone, le cose si facevano senza clamore, gli spettatori conoscevano la differenza tra attore e personaggio – sapeva che “il popolo assetato / farà rivoluzion”.

Alla sceneggiatura, oltre al regista: Francesca Archibugi, Paolo Giordano, Francesco Piccolo. Dovevano fare in fretta, oltre alla siccità c’è un un’epidemia e i personaggi sono tanti. Ci sono gli esperti di provincia che alla seconda comparsata si sentono divi della tv. I tassisti alle prese con l’app. Gli onorevoli sempre pronti a riciclarsi. Mancano i 5 stelle e la loro involontaria comicità. Ci sono le dottoresse stanche di turni al pronto soccorso. Una strepitosa Emanuela Fanelli fa ombra a tutti quanti. Gente che va, gente che viene, Silvio Orlando che per sbaglio si ritrova fuori dal carcere, e alla fine del film torna a Rebibbia perché lo riprendano.

Di più su questi argomenti: