Fotogramma da "Madres Paralelas", il nuovo film di Almodóvar in gara a Venezia

Verso la Mostra del Cinema

Venezia 2021. Catalogo ricco, buone idee e una brutta notizia: i film saranno lunghi, lunghissimi

Mariarosa Mancuso

Dalla pellicola al femminile di Almodóvar a Castellitto in versione Roma 1943. Tutto sulla 78esima Mostra del Cinema di Venezia

Ricco, ricchissimo. La cinquina italiana in concorso quasi non si nota (per la soddisfazione degli sciovinisti che deploravano i cinque titoli francesi in concorso al festival di Cannes). Ci sono anche i tre fuori concorso, e una sezione tutta nuova della Mostra, Orizzonti Extra. Per disbrigo del traffico: il direttore Alberto Barbera ha fatto sapere in conferenza stampa che mai come quest’anno i film meritevoli erano tanti, e per poter assegnare il premio degli spettatori – Armani Beauty (la ditta Giorgio Armani è quest’anno lo sponsor principale della Mostra, si aggiunge a chi non ha voltato le spalle neppure nell’edizione 2020).

 

Messo a punto l’anno scorso il protocollo sanitario, si continua così, altro la situazione contagi non consente: capienza nelle sale dimezzata, prenotazione del posto, varchi misura-febbre, Green pass. Cannes, per dire, riempiva le sale al cento per cento, gli accreditati prenotavano solo il diritto a entrare e il settore era assegnato d’ufficio (fila 1, centrale: questo c’era scritto sul nostro biglietto per vedere il bellissimo film di Jacques Audiard “Les Olympiades”).

 

Apre la Mostra, il 1° settembre, Pedro Almodóvar con “Madres Paralelas”, due donne che stanno per partorire. Una felice (è quasi fuori tempo massimo per questo genere di eventi) e una giovanissima che felice non è. Il regista sembra aver superato la depressione di “Dolor y Gloria” – in “The Human Voice” con Tilda Swinton aveva rigirato per bene il monologo di Jean Cocteau, levando la disperazione di Anna Magnani. Quindi ci aspettiamo melodrammatici colpi di scena. O almeno di messa in scena.

 

Attendiamo con uguale curiosità (accresciuta da una lunghissima attesa) “Freaks Out” di Gabriele Mainetti, con Pietro Castellitto in biondo platino. Storia di un circo e dei suoi fenomeni da baraccone, nella Roma occupata del 1943 (in sala il 28 ottobre, serve tanta roba buona che scacci la cattiva). Impossibile non pensare a “Nightmare Alley”, il prossimo film di Guillermo del Toro tratto dal romanzo di William Lindsay Gresham (Sellerio, se volete un anticipo). Per la cronaca: Gabriele Mainetti è arrivato prima, il film era già pronto per la Mostra di Venezia 2020. E la sceneggiatura di “Freaks Out” è originale, scritta dal regista con Nicola Guaglianone.

 

Ci saranno in concorso i fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo di “Favolacce”, “America Latina” è il titolo del nuovo film, una storia d’amore e un thriller. “E quindi un thriller” precisano, mentre l’immagine di Elio Germano tutto in verde pare rubata a “La forma dell’acqua”, Leone d’oro nel 2017 – fu un segno molto atteso di ravvicinamento tra le giurie e il pubblico.

 

In possesso della certificazione di neutralità carbonica, la Mostra di Venezia annuncia il numero delle registe in gara. Otto erano l’anno scorso, cinque adesso. Può darsi che la pandemia abbia ridotto le produzioni dirette da donne, azzarda Barbera. E intanto fa scivolare una notizia ben peggiore: i film della Mostra quest’anno sono lunghi o molto lunghi. Ci sarà Jane Campion – unica vincitrice di Palma d’oro prima dello sciagurato “Titane” quest’anno – con “Il potere del cane”, da un western anni 20 di Thomas Savage. Maggie Gyllenhaal ha diretto “The Lost Daughter” tratto da Elena Ferrante. Il più audace, Xavier Giannoli con “Illusioni perdute”: un Balzac contemporaneo.

 

Ci sono gli americani, ci sono le star, c’è Netflix (che produce Paolo Sorrentino, “E’ stata la mano di Dio”). C’è una serie che promette benissimo: Hagai Levi – l’israeliano che ha inventato “In Treatment” – ha riscritto “Scene da un matrimonio” di Ingmar Bergman. Per Jessica Chastain e Oscar Isaac.

 

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