Natalie Portman arriva a Venezia (foto LaPresse)

Venezia 2018

Qualche film “discutibile”, uno da andare a vedere e gli applausi della stampa a Venezia 75

Mariarosa Mancuso e Anselma Dell'Olio

Fumetti e una classifica di oltre metà mostra

E’ arrivato il momento dei “contemporanei”, film e registi che intendono illustrare questi nostri tempi complicati. Largo ai social media, in “Acusada” dell’argentino Gonzalo Tobal. E largo alle pop star – nonché sopravvissute da ragazzine a una sparatoria scolastica – in “Vox Lux” di Brady Corbet, regista prodigio molto applaudito per il discutibile “L’infanzia di un capo” (diciamo “discutibile” perché a dire altro si rischia di sembrare critici di cattivo carattere).

    

   

“Acusada” è un processo indiziario alla Perry Mason: una ragazza viene accusata di aver ucciso la migliore amica. La morta aveva fatto circolare un video porno con l’imputata e il fidanzatino, e lì c’erano chiare minacce. Processo indiziario: l’avvocato che allena con domande e risposte, la psicologa che lavora sul linguaggio del corpo, il sostegno di una famiglia un po’ troppo perfetta. Che ci fa un film come questo in concorso a Venezia? Semplice, il posto se l’è guadagnato evitando di svelare se la ragazza è colpevole oppure no. Da giallo mediocre viene promosso a film impegnato, e per ribadirlo butta un po’ di colpe sulla tv.

   

“Una storia del XXI secolo”. Il trentenne Brady Corbet non manca di furbizia: ha scelto un’etichetta acchiappa-critici, e fa indossare alla star del rock Natalie Portman la tuta di lustrini e le zeppe (fitta al cuore: mentre qui soffriamo, al cinema sta per uscire “Mamma mia! Ci risiamo”). Sempre per non sembrare critici di cattivo carattere, diremo che le doti da ballerina dell’attrice sono discutibili (per aggiungere vanità a vanità, le coreografie sono del marito Benjamin Millepied, conosciuto sul set di “Il cigno nero”). I terroristi che sparano ai bagnanti in spiaggia fanno da ciliegina sull’indigesta torta.

 

 

Nella sezione Orizzonti, finalmente un film italiano da mandarci gli spettatori. Meglio se già conoscono i fumetti di Zerocalcare. “La profezia dell’armadillo” di Emanuele Scaringi sarà in sala il 13 settembre, Simone Liberati e Pietro Castellitto (figlio di) sono una strepitosa coppia comica.

Mariarosa Mancuso

   


Oltre metà Mostra75 ecco la classifica dei preferiti, dalla rubrica “Guerre Stellari” di Ciak, la media dei pareri dei 9 critici più quotati, bipede inclusa, un Rotten Tomatoes tutto nostro:

 

1) “Roma” di Alfonso Cuarón (al 1° posto anche per il pubblico);

2) “The Favourite”, ex aequo con “The Sisters Brothers”;

3) “Doubles vies”;

4) “First Man”;

5) “Suspiria”;

6) “Frères ennemis”.

Da Orizzonti promossi “La profezia dell’armadillo”, osannato da tutti, e “Tel Aviv on fire” (gli israeliani non deludono mai). Da Venezia Classici il documentario “Friedkin Uncut” di Francesco Zippel e Federica Paniccia, da non perdere per gli interventi di autori entusiasti del regista di “L’esorcista” e “Braccio violento della legge” come (sorpresa!) Wes Anderson e Damien Chazelle e molti altri più prevedibili come Quentin Tarantino e Walter Hill. Interessanti gli incontri di “Domani accadrà”, organizzati da Mauro Luchetti e Maria Carolina Terzi alla Villa degli autori, da un’idea del direttore delle Giornate degli autori Giorgio Gosetti; conversazioni con protagonisti della cultura sul futuro della medesima, per fortuna non noiose. Tra i moderatori Andrea Vianello e Malcom Pagani; gli ospiti ascoltati da noi sono il regista neorealista Jonas Carpignano (man bun abbondante, jeans e infradito) italo-afroamericano cresciuto tra New York e la Calabria, e premiato per “Mediterranea” e “A Ciambra” a due Festival di Cannes, presidente della giuria di Golden Disk Awards: “A Gioia Tauro mia madre era sempre l’unica nera, nel quartiere di mia madre a Brooklyn mio padre era l’unico bianco”. Da Jonas scopriamo che la gente della sua città calabrese, dove si è trasferito da qualche tempo, gira i suoi film e ora collabora a un festival del cinema con altri cinefili, si chiamano gioiatani (che bel nome).

   

Un’altra sera c’erano Marina Abramovic (“Le idee arrivano dalla vita, non a tavolino.”) e Masha Aljokhina, attivista russa e leader delle Pussy Riot, tutte e due in all black, Masha con gonna e calze a rete strappate, rossetto rosso e riccioli castani in crocchia e lunghi ai lati del viso: “L’artista crea un’alternativa. A volte il Potere non ama alternative all’esistente” ironizza. Ecco una novità: quando appare la sigla “Mostra di Venezia 75” prima di ogni proiezione alle anteprime stampa, scatta l’applauso dei solitamente mugugnosi giornalisti. Le cose cambiano, non sempre in peggio.