Meglio il mare dei film girati con lo smartphone

Mariarosa Mancuso

L’ultimo film di Steven Soderbergh  e l’effetto “credevo fosse realtà, invece qui è tutto delirio”, che però funziona meglio con la pagina scritta

Oggi le comiche, sul sito del Corriere della Sera: “Unsane”, “Stronger” e “La prima notte del giudizio” – I sedici film da non perdere nel week end. Sedici titoli da acchiappare nel fine settimana? Tanta gente sedici biglietti del cinema non li compra in un anno, figuriamoci nei primi giorni soleggiati di luglio, giusti per andare al mare dopo tanta pioggia. E’ lo svuotamento dei magazzini prima della pausa estiva, bellezza! Intanto i veri fanatici cercano un modo per vedere “Gli Incredibili 2” di Brad Bird prima del 19 settembre, data di uscita italiana (da metà giugno il film era già nei cinema di Egitto, Libano, Vietnam e Perù, sembra un incitamento alla pirateria).

   
Di “Stronger-Io sono il più forte” e di “La prima notte del giudizio” ne abbiamo già scritto. “Unsane” è l’ultimo film di Steven Soderbergh. Segni particolari: girato con un iPhone. Come dire “guarda mamma senza mani!”, il grido trionfante dei bambini quando imparano ad andare in bicicletta senza toccare il manubrio. Bell’esercizio ginnico, ma lo spettatore vorrebbe qualcosa di più sostanzioso.

 

         
Non è una novità, film con mezzi di fortuna sono già stati girati. Per esempio “Tangerine” di Sean Baker (se non riuscite a procurarvi questo, qualche copia del bellissimo “Un sogno chiamato Florida”, girato in maniera tradizionale, è ancora in giro). Nel genere andrebbe vista la magnifica serie sul 1968 prodotta da Libération con gli Archivi nazionali di Francia. Gli avvenimenti dell’anno raccontati inquadrando gli smartphone dei protagonisti. Leggendo i messaggi, guardando le foto e i post su Facebook con relativi like. L’ultima puntata era “Hanno sparato a Andy Warhol”, un’altra seguiva Jean-Luc Godard che per le strade parigine filmava – o credeva di filmare – la rivoluzione.

      
Non è lo smartphone a rendere “Unsane” faticoso (ancora più faticoso se cercherete di vederlo sullo smartphone, in omaggio al regista). L’effetto “credevo fosse realtà, invece qui è tutto delirio” funziona meglio con la pagina scritta. Con le immagini uno si sente ingannato. Invece di apprezzare il colpo di scena – ma tu pensa, ci ho creduto e invece esiste solo nella testa di chi racconta – si irrita. Le immagini sono immagini, hanno un quoziente di realtà superiore alle parole: perfino Alfred Hitchcock non si perdonò mai un flashback bugiardo, nel film “Paura in palcoscenico”.

       
Smessa la corona da giovane regina Elisabetta in “The Crown”, l’attrice Claire Foy cambia lavoro e città per sfuggire a uno stalker. Firma una carta di troppo, e si ritrova in un ospedale psichiatrico. Lo stalker è ancora lì, con il camice bianco. O forse è lei che lo sogna. Come diceva Karl Kraus, malalingua viennese di inizio novecento: “I pazzi si riconoscono perché dopo essere stati rinchiusi in manicomio mostrano un comportamento agitato”.

Di più su questi argomenti: