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Zitto zitto, Papa Leone delude i rivoluzionari: il celibato non si tocca

Parlando con seminaristi e vescovi, il Pontefice dice che è “una virtù indispensabile, una forma di povertà”

Matteo Matzuzzi

Niente di clamoroso o di urlato, nessun documento ufficiale o bolla di scomunica. L’ha fatto in quello che si sta dimostrando il suo stile: tre discorsi in due giorni, ai seminaristi, ai vescovi e ai sacerdoti. In tutti, una parola sul celibato, "carisma da riconoscere, custodire ed educare"

Nei giorni del ricovero al Gemelli, Papa Francesco disponeva di allungare di un ulteriore triennio i lavori sinodali, fissando per il 2028 un’assemblea ecclesiale chiamata a – per dirla con le parole del cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi – “offrire al Santo Padre elementi preziosi, frutto di una reale esperienza ecclesiale, per il suo discernimento come Successore di Pietro, con prospettive da proporre all’intera Chiesa”. Da qui ad allora, lavoro nelle diocesi, confronto, studio e “valutazione della fase di applicazione già in atto”. In pratica, il Sinodo sulla sinodalità durerà molto di più del Vaticano II. Da marzo, però, molto è cambiato. Intanto, c’è un nuovo Papa. Leone XIV ha citato la sinodalità nel suo primo discorso alla Loggia delle Benedizioni e in più di una occasione si è dimostrato favorevole all’idea (non solo teorica) di una Chiesa sinodale. Quel che non è noto, però, è come lui intenda la Chiesa sinodale. 

 

A cavallo dei due appuntamenti sinodali romani del 2023 e 2024, Papa Francesco decise di togliere dal tavolo della discussione tutti i temi più divisivi, quelli che avrebbero comportato il tangibile fallimento dell’appuntamento assembleare da lui voluto e convocato. Era ancora sanguinolenta la ferita post Fiducia supplicans, con la rivolta pubblica di interi episcopati contro il documento del cardinale Fernández che autorizzava la benedizione delle persone formanti una coppia omosessuale ma solo per una manciata di secondi. Il cardinale congolese Fridolin Ambongo confessò di aver preso il primo aereo per Roma e di essersi sistemato con tanto di bagagli nella hall di Santa Marta giurando che da lì non si sarebbe mosso se quel testo non fosse stato rivisto o, in seconda battuta, spiegato meglio (effettivamente poi arrivò una lettera di “chiarimento”). Uno dei temi su cui la Chiesa non riesce a mettere d’accordo tutti è il celibato sacerdotale, che decretò il fallimento del Sinodo sull’Amazzonia del 2019 e che è stato un cavallo di battaglia del Cammino sinodale tedesco. Mentre in Germania ci si chiede quale sarà l’atteggiamento di Leone XIV rispetto al complicato Synodale Weg sulle rive del Reno – ma il cardinale Prevost fu tra i firmatari degli altolà curiali alle derive tedesche, che portarono Francesco a definire quell’assise “poco cattolica”, scatenando l’ira e la frustrazione del presidente dell’episcopato mons. Georg Bätzing – il Papa qualche indizio lo ha dato. Niente di clamoroso o di urlato, nessun documento ufficiale o bolla di scomunica. L’ha fatto in quello che si sta dimostrando il suo stile. Mercoledì mattina ha ricevuto in Vaticano i seminaristi del Triveneto e, nell’ambito di un discorso che ha tenuto insieme l’enciclica Dilext nos sul Sacro cuore di Gesù, Robert Hugh Benson e Giovanni Paolo I, ha detto: “Vorrei anche richiamare un passaggio della conversione di sant’Agostino, come ci è riferita da lui stesso nelle sue Confessioni. Da una parte egli era desideroso di decidersi per Cristo, dall’altra era trattenuto da scrupoli e tentazioni. Profondamente turbato, un giorno si ritirò a riflettere nel giardino di casa; e lì gli apparve personificata la virtù della Continenza, che gli disse: ‘Perché ti reggi – e non ti reggi – su di te? Gettati in Dio senza timore. Non si tirerà indietro per farti cadere. Gettati tranquillo, egli ti accoglierà e ti guarirà’. Come un padre ripeto a voi queste stesse parole, che fecero tanto bene al cuore inquieto di Agostino: esse non valgono soltanto in riferimento al celibato, che è un carisma da riconoscere, custodire ed educare, ma possono orientare tutto il vostro percorso di discernimento e di formazione al ministero ordinato”. 

 

Più tardi, parlando ai vescovi riuniti all’Altare della Cattedra per il loro Giubileo, il Pontefice si è soffermato sul alcune “virtù indispensabili: la prudenza pastorale, la povertà, la perfetta continenza nel celibato e le virtù umane”. Ha detto Leone XIV che “insieme alla povertà effettiva, il vescovo vive anche quella forma di povertà che è il celibato e la verginità per il Regno dei cieli. Non si tratta solo di essere celibe, ma di praticare la castità del cuore e della condotta e così vivere la sequela di Cristo e offrire a tutti la vera immagine della Chiesa, santa e casta nelle membra come nel Capo. Egli dovrà essere fermo e deciso nell’affrontare le situazioni che possono dare scandalo ed ogni caso di abuso, specialmente nei confronti di minori, attenendosi alle attuali disposizioni”. Ancora, ieri pomeriggio: “Questa amicizia con Cristo è il fondamento spirituale del ministero ordinato, il senso del nostro celibato e l’energia del servizio ecclesiale cui dedichiamo la vita”. Se questo è il pensiero di Leone XIV sul celibato sacerdotale, quel che pensa su un altro fronte caldo – il diaconato femminile – era già noto da tempo. “La clericalizzazione della donna non necessariamente risolve il problema, anzi potrebbe crearne uno nuovo. Una delle cose emerse chiaramente al Sinodo è che non è perché nella società le donne vengono riconosciute in un certo modo, ciò comporti necessariamente un parallelo speculare dentro la Chiesa. Ci sono categorie che possono essere diverse. Non possiamo dire che cambieremo la tradizione della Chiesa che prosegue da duemila anni, ma sicuramente le donne stanno assumendo un ruolo di leadership anche nella Chiesa e svolgono un ruolo importante nella vita della Chiesa a livelli diversi”, disse intervenendo a un briefing con i giornalisti nell’autunno del 2023.
 

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.