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La recensione

Dalla chiacchiera all'essenziale: da dove deve ripartire la Chiesa. Un libro

Antonio Campati

Un dialogo sul rapporto tra cristianesimo e cultura e un auspicio a ripartire dall'essenziale della fede cristiana che la comunità di fedeli deve impegnarsi a trasmettere alle nuove generazioni 

Formulare e trasmettere un parere non significa affatto articolare e comunicare un pensiero. Ribadire con fermezza tale assunto è il punto di partenza di un recente dialogo tra Silvano Petrosino e Roberto Righetto, che ruota attorno ai limiti e ai pericoli della “globalizzazione della chiacchiera” (“L’essenziale. Globalizzazione della chiacchiera e resistenza della cultura”, Castelvecchi, 86 pp., 13,50 euro). Questa felice immagine indica la tendenza a credere che l’abbondanza di parole e di informazioni determini sempre una ricchezza per il dibattito pubblico. Per Petrosino e Righetto, invece, non bisogna accontentarsi del semplice parere, occorre appunto organizzare un pensiero, soprattutto grazie all’impegno di intellettuali autentici e consapevoli del loro ruolo. Eppure, riconoscono che non è facile raggiungere un obiettivo così ambizioso in un’epoca caratterizzata dalla spontaneità e dall’immediatezza, dove si è quasi persa del tutto la convinzione che per ragionare e riflettere ci vuole tempo. Infatti, nel libro viene denunciata la mancanza di figure pubbliche portatrici di un pensiero critico, capaci quindi di scalfire e porre in discussione il sistema di potere dominante. Tale situazione è aggravata dalla continua tentazione a separare i testimoni dai maestri, esaltando i primi e disdegnando i secondi, i quali, invece, dovrebbero avere l’autorevolezza per aiutarci a comprendere e affrontare le grandi questioni che riguardano l’uomo, specie quelle che si impongono ogni qualvolta è in relazione con l’altro.


Il dialogo vira quasi inevitabilmente sul rapporto tra cristianesimo e cultura. Entrambi gli autori registrano una certa stanchezza da parte del mondo cattolico contemporaneo nell’affrontare i temi davvero cruciali per la vita umana (che invece rendevano attraente la Chiesa cattolica a David Foster Wallace proprio perché essa offre un luogo dove porre domande tipo: che senso ha la nostra vita? Crediamo in qualcosa di più grande di noi?). Pertanto, Righetto auspica un’iniziativa di largo respiro per superare l’attuale stato di stagnazione della cultura cattolica perché, spiega, la fede cristiana non si esprime al di fuori della cultura (o delle culture). 

Nelle pagine finali, riflettendo sul futuro del cristianesimo, le prospettive dei due autori si integrano. Righetto non condivide la tendenza pessimistica (espressa, per esempio, da Rod Dreher) secondo la quale il cristianesimo è ormai minoritario in una società pienamente secolarizzata; e non condivide del tutto neppure quella di chi sostiene la necessità di una purificazione totale della Chiesa e l’abbandono di ogni compromissione con il potere per tornare alla sua natura essenziale (proposta dal teologo canadese Walter Vogels). Di quest’ultima condivide, però, l’idea secondo cui si può trarre fiducia dalla drammatica crisi dei nostri giorni per ripartire dal “resto”, da coloro cioè che rimangono legati alla Chiesa e continuano a impegnarsi e a trasmettere la fede ai più giovani; in altre parole, crede che sia possibile ripartire da quel “piccolo gregge” di cui parlava Joseph Ratzinger nel lontano 1969. Ma – avverte Petrosino – l’idea di considerarsi “resto” può indurre a una sorta di autocompiacimento che renderebbe la situazione ancor più critica perché concepirsi tale non è una garanzia di valore e verità. L’auspicio, chiarisce, è allora quello di ripartire dall’essenziale della fede cristiana che il “resto” deve impegnarsi a trasmettere alle nuove generazioni. 

 

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