Con le unioni omosessuali la dottrina non c'entra

Eugenia Roccella

Papa Francesco non ha espresso alcuna novità dottrinale: non parla ex cathedra, ma in un’intervista all’interno di un documentario. E insiste su accompagnamento pastorale e discernimento, non sulla dottrina, mai messa in discussione

Papa Francesco parla delle unioni omosessuali, e i media e la politica si scatenano in una sarabanda di commenti, quasi tutti eccitati e festosi. Si va da chi esulta per il “grande passo avanti” a chi, come la Boschi, ne approfitta per prendersi una tardiva rivincita su quanti hanno fatto opposizione in parlamento alla legge Cirinnà sulle unioni civili. Insomma, dalle reazioni sembra che il pontefice abbia legittimato il matrimonio gay e buttato alle ortiche il catechismo cattolico. Ma basta scorrere le sue parole per verificare che non c’è alcuna novità. Non c’è novità dottrinale, perché il pontefice non parla ex cathedra, ma in un’intervista all’interno di un documentario, e lo fa nel tipico modo colloquiale e informale a cui ci ha abituati. Non c’è bisogno di ricordare che il Papa può intervenire sulle questioni dottrinali quando vuole, con gli strumenti adeguati. Ma nemmeno c’è un atteggiamento nuovo di Francesco nei confronti delle unioni “irregolari”, che siano divorziati o coppie dello stesso sesso.

 

 

La posizione del papa è sempre quella espressa nell’Amoris laetitia: non escludere, non risospingere chi si avvicina alla Chiesa nelle disperate “periferie esistenziali”, ma dare spazio nella pastorale “all’amore incondizionato di Dio”. La Chiesa “non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa”; a Francesco preme ci sia “un discernimento pastorale carico di amore misericordioso, che si dispone sempre a comprendere, a perdonare, ad accompagnare, a sperare, e soprattutto a integrare. (…). L’accento di Francesco è sempre sull’accompagnamento pastorale e sul discernimento, non sulla dottrina, che non ha mai messo in discussione. Si obietterà che qui si parla esplicitamente di consenso a leggi sulle unioni civili. Ma già durante il dibattito sulla legge Cirinnà, la Cei (che agisce sempre in accordo con il pontefice) non ha fatto, come è accaduto in precedenza, opposizione frontale. La Cei mirava a salvaguardare la formulazione di “famiglia come società naturale”, espressa nell’art. 29 della Costituzione, sganciando le unioni omosessuali da quel concetto, e mettendole in relazione con le “formazioni sociali” citate nell’art. 2.

 

Se il Papa ha chiaro quale atteggiamento pastorale e culturale avere nei confronti delle coppie dello stesso sesso, non credo sia altrettanto interessato alle implicazioni politiche delle leggi sulle unioni civili. Non a caso la legge Cirinnà apre all’utero in affitto, pratica che Francesco ha sempre condannato. Ma la strategia messa in campo dall’attuale pontificato non è quella di contrastare la deriva antropologica dell’Occidente, che porta alla dissoluzione della sua tradizione culturale, a partire dalle famose radici giudaico-cristiane. Il Papa, credo con consapevolezza dolorosa e forse solitaria, considera inevitabile, e forse già avvenuta, la sconfitta, sa di vivere nel Mondo Nuovo, in cui la cesura postmoderna ha già tagliato i ponti con il passato, e posto le premesse per il superamento –inevitabilmente distopico- della condizione umana. Il suo sforzo è quello di rompere l’assedio, gettare ponti e ricreare le condizioni per una nuova evangelizzazione. Non so se gli strumenti scelti per questo compito siano quelli più adatti. So che potrei rispondere a tutti i giulivi interpreti delle parole del Papa “Non tiratelo per la giacchetta, non fategli dire quello che non ha detto”, ma sbaglierei. Perché forse è questo che Francesco ritiene utile per confondere le truppe avversarie e aprire qualche breccia.

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