“Chiesa e politici cattolici non abbiano paura di andare controcorrente”, dice Ruini

L'ex presidente della Cei: “Il vescovo e la gerarchia non hanno solo una funzione di preghiera o di culto, ma anche una di governo, che non va direttamente sulla politica, però non può prescindere dalle grandi questioni morali e antropologiche che continuamente interpellano la politica oggi"

E’ un Camillo Ruini battagliero e, nonostante viva ormai ritirato, estremamente attento alle vicende del mondo, quello che in una lunga intervista al mensile Tempi in uscita in questi giorni parla di libertà, politica, educazione e ruolo della chiesa oggi. L’intervista, realizzata anche in video, verrà trasmessa questa sera alle 21.15 sul canale YouTube dell’associazione Esserci, che organizza in questi giorni, online e in presenza a Milano, il festival “Il potere della libertà”.
 

“Oggi si rivendica continuamente la libertà – dice l’ex presidente della Conferenza episcopale italiana ai tempi di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – intesa come indipendenza dai condizionamenti esterni, ma si dimentica il presupposto di tutto, cioè la nostra libertà interna, in concreto la nostra capacità di scegliere in un modo o nel modo opposto, o anche di non scegliere affatto. Anzi, questa capacità di scegliere, di decidere, viene per lo più negata a livello scientifico, più precisamente a livello di quella delicata e oggi decisiva frontiera dove si intersecano le scienze e la filosofia. Senza libertà viene meno anche la responsabilità. La nostra vita personale e sociale si ridurrebbe quindi a un livello infraumano, analogo a quello degli animali, anzi, diventerebbe impossibile: non siamo attrezzati, infatti, per condurre un simile tipo di esistenza. Su questo terreno decisivo proprio la chiesa è, fin dal medioevo, il più strenuo difensore della libertà”.
 

Il cardinale Camillo Ruini è stato segretario generale della Conferenza episcopale italiana dal 1986 al 1991, quando fu nominato presidente (fino al 2007) da Giovanni Paolo II (foto LaPresse)


Protagonista di un’epoca in cui la chiesa e i cattolici avevano peso e presenza importanti nella vita del paese, Ruini osserva che “oggi in Italia il peso dei cattolici in politica è ridotto al minimo. Questo non solo in confronto al ruolo che ha svolto per più di quarant’anni la Democrazia cristiana ma anche all’influsso che i cattolici hanno avuto, dopo la fine della loro unità politica, negli anni della cosiddetta seconda repubblica, quando non di rado sono riusciti a prevalere sul piano parlamentare e legislativo”. La chiesa “in uscita” appare silenziosa su tanti temi che scuotono e dividono il mondo, e sembra non avere più un peso culturale. “Oggi – dice Ruini a Tempi – non solo in Italia, assistiamo proprio a una diaspora culturale e politica, per la quale, anche riguardo ai temi sui quali la chiesa si è espressa nella maniera più forte e più impegnativa, molti politici cattolici si sentono liberi di prendere posizioni opposte, condivise da tanti altri cattolici loro elettori o comunque convinti che la propria fede personale non abbia determinate implicazioni culturali e politiche. Come uscire da questa situazione? C’è senz’altro bisogno di un lavoro educativo. E’ inoltre di grande aiuto la testimonianza di quei politici, cattolici ma anche non espressamente tali, che non temono di andare controcorrente sulle questioni eticamente più rilevanti. Oggi in politica, piaccia o non piaccia, contano soprattutto i leader: sarebbe quindi assai auspicabile che emergesse qualche leader di questo genere. Sarà difficile, comunque, ottenere a breve risultati importanti: ma questo non è un motivo per non impegnarci”.


Sono lontani però i tempi in cui vescovi, sacerdoti e laici marciavano uniti e non avevano paura di esprimere giudizi anche scomodi né di prendere posizioni poco mainstream. “Io credo che l’idea di separare la chiesa ufficiale, da una parte, e il laicato, dall’altra, è un errore fondamentale che priva il laicato del suo retroterra di cui ha assoluto bisogno, ma priva anche l’autorità ecclesiastica di quell’incidenza concreta che deve proporsi, perché la gerarchia non può pensare che sia sufficiente programmare in astratto delle cose ma, per quanto possibile, che queste cose si realizzino in maniera libera”. Per Ruini “il vescovo e la gerarchia non hanno solo una funzione di preghiera o di culto, ma anche una di governo, che non va direttamente sulla politica – sulla politica ci arriva indirettamente –, però non può prescindere dalle grandi questioni morali e antropologiche che continuamente interpellano la politica oggi. Tali questioni chiedono di essere affrontate con quella sinergia e questa presenza della chiesa di cui dicevo poco fa. Ritengo che oggi ci sia un certo ripensamento, si inizia a rendersi conto che tale divisione è stata sterile. C’è ancora molta strada da fare e, soprattutto, ci siamo molto indeboliti, partiamo da una situazione peggiore di quella che c’era solo dieci anni fa”.

Di più su questi argomenti: