Papa Francesco con il Papa emerito, Benedetto XVI (foto LaPresse)

Ma l'Opzione Benedetto non può essere la risposta dei cristiani al mondo “cattivo”

Giovanni Maddalena

Secondo Dreher il mondo va in una direzione anticristiana inarrestabile. Eppure la storia dovrebbe smentire questa tesi

Incontro Rod Dreher, giornalista autore del discusso “L’opzione Benedetto”, in occasione della prima tappa del suo tour italiano di questi giorni, al festival “Un’isola in rete” di Castelsardo, una curiosa e riuscitissima creazione culturale di Giuseppe Pintus, giovane filosofo che in otto anni ha fatto passare dalla costa settentrionale sarda quasi tutto il parterre culturale italiano. Lascio ad altri la recensione completa dello stesso e le noiose polemiche connesse e a cui lui stesso sembra non essere interessato. E’ una persona seriamente in cerca di un modo di vivere un cristianesimo coerente e la sua Opzione Benedetto è l’esito di tale ricerca: il mondo moderno occidentale è irrimediabilmente anticristiano, il cristianesimo in esso è destinato a scomparire o quasi, quindi la forma di presenza nel mondo non può che essere quella di comunità serie e impegnate che, abbandonando l’agone cultural-politico, vivano coerentemente la fede in se stesse, dando la testimonianza di un piccolo mondo buono dentro a uno cattivo. Non si tratta di fuga, ma di un’opzione estrema di presenza di fronte alla cattiveria del mondo, con la speranza che, una volta crollato quest’ultimo, si possa poi ricostruire.

 

Dell’interessante dialogo mi colpiscono alcuni tratti intellettuali tipici del cristianesimo occidentale di quest’epoca a cui Dreher purtroppo non sfugge del tutto, pur avendo il merito di coglierne il lato comunitario spesso lasciato in ombra. Il primo è l’idea hegelo-marxiana del progresso della storia. La storia si muove e ha una direzione a prescindere dalla libertà delle singole persone. Lo spirito dei tempi o la necessità dei movimenti storici sono superiori alle decisioni dei singoli che alla fine non possono cambiarle. Secondo Dreher, per esempio, il mondo va in una direzione anticristiana inarrestabile, qualsiasi cosa si faccia. Da qui l’inutilità dell’agone politico o culturale. Colpisce come tanti autori cristiani accettino questa premessa, a prescindere dall’essere liberal o conservatori. Eppure l’intera storia del cristianesimo la dovrebbe smentire: il cristianesimo è stato dato per finito tante volte eppure ha sempre avuto persone singole, i santi secondo la tradizione cattolica, che lo hanno rivitalizzato alle volte al modo delle comunità benedettine e alla lunga, come vorrebbe Dreher, ma altre volte al modo battagliero di san Bernardo o in quello politico sociale delle reducciones o in quello cultural-agonistico di san Giovanni Paolo II, che si oppose alla rassegnazione al marxismo e alla perdita di fascino del cristianesimo sui giovani. C’è molta varietà e pluralismo nel cristianesimo e molta libertà umana, nel bene e nel male, nella storia. Hitler o Stalin non erano mali necessari. 

 

Il secondo presupposto che Dreher in fondo accetta è che il ruolo degli intellettuali sia quello di capire nel presente la direzione di questa storia. Sono le famose avanguardie di scrittori, professori, giornalisti, élite varie, che dovrebbero vedere prima degli altri la direzione necessaria e anticiparne le mosse. E’ un presupposto leninista: gli intellettuali come guide del popolo. Poco importa se poi questo ruolo sia la rivoluzione o la conservazione. E’ la funzione che è significativa. Eppure è un’idea curiosa se si pensa a quante poche volte gli intellettuali di destra e di sinistra sappiano anticipare la storia persino su piccoli particolari e, figuriamoci, su immensi movimenti. La mancata previsione della crisi economica, delle vittorie della Brexit o di Trump, tanto per restare alla storia recentissima, per non parlare delle previsioni storiche dello stesso Marx, dovrebbero ricordarci che si tratta di un ruolo fallace. Gli intellettuali possono far capire bene che cosa sia successo ma quando si spingono sulle necessità storiche future diventano poco o affatto attendibili, proprio perché la libertà umana è imprevedibile.

 

Infine, il cristianesimo contemporaneo, in tutte le sue versioni, e soprattutto negli Stati Uniti, ha assorbito la mentalità moralista derivante dal calvinismo, e Dreher non fa eccezione. La testimonianza si dà con il buon esempio che dipende da quanto ci impegniamo. Confligge ovviamente con gli altri presupposti sulla necessità deterministica della storia ma non ce ne accorgiamo neanche. Eppure la testimonianza dell’amore a qualcuno o qualcosa si dà anche quando si sbaglia, come dimostrano i bambini con i genitori. Affermano quell’amore qualsiasi cosa facciano, anche mentre sbagliano e a nessuno viene in mente di dubitare del loro amore ai genitori perché sbagliano. Anche la logica stretta è d’accordo: è un errore logico, una fallacia, far dipendere il vero o il falso di una proposizione dal comportamento di chi la pronuncia. Il fumo fa male anche se il medico che lo dice fuma sempre. Anzi, il valore del medico dipende proprio dal fatto che continui a dire il vero anche se si comporta in modo opposto. In questo caso non diremmo che si tratta di incoerenza ma di somma coerenza intellettuale o ideale, e persino di sacrificio dell’amor proprio. E’ sempre difficile dire che è vero qualcosa anche quando non lo si vive. Non si capisce perché ai cristiani si debba chiedere una coerenza diversa da quella ideale. Ci sarebbe molto da pensare e da dire che non trova spazio in un articolo. Gli intellettuali sinceri fanno questo effetto: non sono profeti ma danno almeno da pensare. E non si può dire che sia poco.

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