Papa Francesco (foto LaPresse)

Il Padre nostro, dai cieli ai meandri dell'inconscio

Giuliano Ferrara

L'ultima rivoluzione di Papa Bergoglio. La psicoanalisi, con il taglio della parabola personale esemplare, tra le possibilità, e forse tra i doveri, del sacerdozio

La psicoanalisi è parente dell’esperienza religiosa come di quella filosofica. Il medico che si prende cura dell’anima, che non ti guarisce con la sua arte ma ti aiuta a scavare e a scoprire, è socratico, dunque filosofo, e anche direttore-servitore spirituale, dunque prete che esercita il sacramento della confessione. Peccati e rimedi più o meno effimeri abbondano da sempre, d’altra parte, e non c’è in fondo da stupirsi se un Papa inventivo, scapigliato e ultrapastorale racconta di averci provato per sei mesi, a metà della sua vita di religioso gesuita. La coscienza e il suo lavacro sono affare di sacerdozio e di pensiero, anche del pensiero magico. Non fu un gesuita, Michel de Certeau, a fondare con il Maestro la scuola lacaniana di Parigi? E non fu lui a riscoprire e mirabilmente rieditare il Memoriale di Pietro Favre, il santo del santo padre? Studiare la mistica, e immergervisi, non è forse un lato dell’indagine psicoanalitica o della stessa psichiatria come storia e analisi della follia, follia di Dio?

 

Con una differenza. La cura d’anima o d’anime, come dovrebbero intenderla i religiosi, mette in connessione Legge inibitoria, Rivelazione, trascendenza, ragione e fede individuale, si muove nell’ambito della Grazia misericordiosa che prescinde dal soggetto e dai suoi meriti, e non solo nel protestantesimo. La pratica psicoanalitica, che sia o no terapia, che si risolva in letteratura o in racconto, dovunque vada procede dal soggetto e al soggetto ritorna, e si caratterizza nelle sue molte varianti come disinibitoria, alla salvezza per Grazia sostituisce la salute o il suo simulacro per riconquista del Sé autentico. La religione tira la persona verso il cielo, la psicoanalisi viaggia negli inferi della personalità per cercare di toccare terra. Parentela, quindi, e simmetrica, ma anche diffidenza reciproca tipica di tutte le relazioni e affinità ingannevoli.

 

Ora Bergoglio introduce la psicoanalisi, con il taglio della parabola personale esemplare, tra le possibilità, e forse tra i doveri, del sacerdozio modernamente ordinato. In un certo senso, è la rivoluzione più grande del suo pontificato. La decanonizzazione della funzione penitenziale del prete ordinato, che ora si confronta con la pratica psicoanalitica, scienza nova codificata da un medico viennese, va di molto oltre il “pecca fortiter sed crede fortius” luterano, quell’apologia della fede evangelica e scritturale che ha disinibito l’Europa del nord nel Cinquecento, sottraendo ai sacramenti e ai loro amministratori tradizionali la coscienza credente. C’è un’istanza del libero esame ormai scollegata dalla stessa successione e tradizione apostolica. Il Papa ebbe bisogno di un chiarimento e lo cercò in uno studio di psicoanalisi.

 

Le conseguenze sono molto al di là dell’aneddoto occasionale, e anche della mia capacità di comprensione, forse non solo della mia. La teologia ha sempre saputo fare miracoli, ma in questo caso è d’un tratto sospesa la vigenza bimillenaria del tratto cristiano più esclusivo. Il Padre nostro che è nei cieli improvvisamente è in noi, e forse sotto di noi, nei meandri del nostro inconscio, ed è lì che possiamo o dobbiamo cercarlo. Il risvolto del fideismo radicale, che si espresse dapprima nella rivolta francescana contro le mediazioni razionaliste della scolastica, è l’intimismo, l’autocoscienza se non l’autostima. Se “avete un problema”, la vostra salvezza e quella del mondo cui fu rivelata la verità, forse vi resta la cura d’anime di un prete, nel caso lo troviate ancora in giro, ma se “avete problemi”, che è la circostanza largamente prevalente nel secolo, allora ricorrete pure allo strizzacervelli, che fa più o meno lo stesso. Ve lo dice il Papa, ne ha fatto esperienza personale, fidatevi. E’ la sua carezza misericordiosa.  

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.