Oggi Francesco compie 80 anni (LaPresse)

La grande riforma del Papa è già in atto e non prevede valzer di poltrone curiali

Matteo Matzuzzi

Francesco compie oggi ottant'anni. L'attesa riforma della curia non è in cima ai suoi pensieri. Quali sono i programmi per il futuro

Roma. “Le riforme non sono lo specifico del pontificato” di Francesco, ha scritto ieri sul Corriere della Sera lo storico Andrea Riccardi, celebrando l’ottantesimo compleanno del Papa che ricorre oggi. La constatazione è che “la riforma della curia non avanza a grandi passi” e comunque “una riforma non si fa accorpando qualche dicastero”. In fin dei conti, “non sembra esserci un disegno teologico di riforme”, visto che il punto centrale “è il rapporto della chiesa con la società e con la gente”.

 

Eppure, tornando con la memoria al 2013, e in particolare alle congregazioni del pre-Conclave, della necessità di riforme si parlava in abbondanza. Era quello il tema principale, la necessità di svoltare, di far entrare il vento del rinnovamento, facendola finita con la stagione torbida di scandali più o meno eclatanti e con lo svolazzare di corvi in livrea negli appartamenti papali. Si parlava di riforma dello Ior, con una parte non irrilevante dei cardinali che ne chiedeva la chiusura. A quasi quattro anni di distanza, lo Ior è aperto, gli incidenti di percorso (come è naturale che sia) capitano ancora e, soprattutto, l’annunciata grande riforma della curia è ben lontana dall’essere fissata su qualche documento ufficiale. L’ha ammesso, ieri, anche il sostituto della Segreteria di stato, mons. Angelo Becciu: “La riforma va avanti, ma serve tempo”.

 

Riccardi di organico, nel disegno organizzativo, vede poco, e comunque siamo ben lontani da quel che fece Paolo VI con la ristrutturazione della vecchia amministrazione vaticana risalente a Pio X. Francesco segue a distanza la razionalizzazione degli uffici, compito delegato non a caso a un gruppo di nove cardinali presi dai vari continenti, sì da garantire simbolicamente rappresentatitivà universale alle diverse istanze. La grande riforma che lui persegue in prima persona è un’altra e risiede proprio nel rapporto con il mondo. Evangelii gaudium e Amoris laetitia, i due più ampi e potenti documenti del pontificato, sono i punti fermi dell’unica riforma cui davvero tiene Bergoglio, che corrisponde al “rinnovamento prima di tutto nel nostro cuore. Noi – diceva pochi mesi dopo l’elezione – pensiamo che essere cristiani significa fare questo o quest’altro. Ma non è così”.

 

Ecco perché “le strutture antiche della chiesa da rinnovare senza avere paura” non sono i pontifici consigli o le congregazioni. Non è il maquillage estetico o qualche valzer di poltrone tra prefetti a interessare. “E’ inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti. Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto”, diceva alla Civiltà Cattolica già nel 2013, aggiungendo che “la chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece il primo annuncio: ‘Gesù Cristo ti ha salvato!’. E i ministri della chiesa devono innanzitutto essere ministri di misericordia. Le riforme organizzative e strutturali sono secondarie, cioè vengono dopo. La prima riforma deve essere quella dell’atteggiamento”. Oltre il legalismo e i “rigidi” (mondani o no), bersaglio preferito di Francesco.

 

Più che il pur rilevante battesimo del dicastero per lo Sviluppo integrale, al Pontefice preme di più abbattere i paletti posti posti all’esterno dell’ospedale da campo, il recinto che pure resiste a quella ventata “d’aria fresca” che qualche vescovo salutò con ardore (anche pubblicamente) all’indomani dell’elezione dell’allora arcivescovo di Buenos Aires.

 

Una traccia utile per comprendere la reale agenda del futuro è quella fornita dal cardinale Walter Kasper, ascoltato consigliere in quel di Santa Marta: “Mi auguro e spero che la prossima Dichiarazione (ci vorranno due o tre anni), apra la via alla condivisione eucaristica in situazioni particolari, soprattutto per quanto riguarda matrimoni e famiglie miste”. Un problema, non a caso da Kasper definito “urgentissimo”. 

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.