Il Papa ha aperto ieri pomeriggio la Porta Santa giubilare nella cattedrale di Bangui (LaPresse)

Il Papa: "Quando le forze del male si scatenano, i cristiani resistano a testa alta nella battaglia"

Matteo Matzuzzi
Questa mattina, dopo essersi congedato dalla nunziatura apostolica, il Papa si è recato alla moschea centrale di Bangui, a Koudoukou, per incontrare la locale comunità musulmana. Nel tardo pomeriggio il rientro a Roma.

Roma. “Bangui diventa la capitale spirituale del mondo”, ha detto ieri pomeriggio il Papa poco prima di aprire la Porta Santa della cattedrale della città centroafricana. Il rito, che per la prima volta nella storia avviene fuori Roma, anticipa quanto accadrà in San Pietro il prossimo 8 dicembre. Francesco, nell’omelia, non ha trascurato la complessa situazione del paese, stretto nella morsa di scontri etnici che fino all’ultimo hanno messo a rischio la visita papale. Proprio per questo ha ricordato che “dovunque, anche e soprattutto là dove regnano la violenza, l’odio, l’ingiustizia e la persecuzione, i cristiani sono chiamati a dare testimonianza di questo Dio che è Amore”. Non è un caso che proprio a Bangui il Pontefice abbia voluto incoraggiare “i sacerdoti, le persone consacrate e i laici che, in questo Paese, vivono talvolta fino all’eroismo le virtù cristiane”. Nulla deve scoraggiare, perché “anche quando le forze del male si scatenano, i cristiani devono rispondere all’appello, a testa alta, pronti a resistere in questa battaglia in cui Dio avrà l’ultima parola. E questa sarà d’amore!”. Il Papa ha anche lanciato un appello “a tutti quelli che usano ingiustamente le armi di questo mondo”: “Deponete questi strumenti di morte; armatevi piuttosto della giustizia, dell’amore e della misericordia, autentiche garanzie di pace”.

 

Anche poco più tardi, aprendo la veglia di preghiera con i giovani dinanzi alla cattedrale, Francesco, tralasciando il discorso preparato, ha rievocato il dramma del paese lacerato dalle violenze: “Diceva il vostro amico che alcuni di voi vogliono andarsene. Fuggire alle sfide della vita non è mai una soluzione! E’ necessario resistere, avere il coraggio della resistenza, della lotta per il bene. Chi fugge non ha il coraggio della vita”. Come fare per resistere, il vescovo di Roma l’ha indicato poco dopo: “Prima di tutto, la preghiera. Secondo, lavorare per la pace, che non è mai un documento che si firma e rimane lì. La pace si fa tutti i giorni, è un lavoro artigianale, si fa con le mani, con la propria vita. Ma qualcuno – ha aggiunto Bergoglio – mi può dire ‘mi dica Padre, come posso fare io, l’artigiano della pace?’. Primo: non odiare mai. E se uno ti fa il male, cerca di perdonare. E se tu non hai odio nel tuo cuore, se tu perdoni, sarai un vincitore”. Al termine del discorso tenuto a braccio, Francesco ha confessato alcuni giovani lì presenti.

 

La visita in moschea

Questa mattina, dopo essersi congedato dalla nunziatura apostolica, il Papa si è recato alla moschea centrale di Bangui, a Koudoukou, per incontrare la locale comunità musulmana. Un discorso breve, quello del vescovo di Roma, che ha rimarcato come la sua visita nella Repubblica centroafricana “non sarebbe completa se non comprendesse anche questo incontro”. Francesco ha detto che “tra cristiani e musulmani siamo fratelli” e “dobbiamo dunque considerarci come tali, comportarci come tali”. Gli scontri nel paese, ha aggiunto, “non erano fondati su motivi propriamente religiosi” e “chi dice di credere in Dio dev’essere anche un uomo o una donna di pace”. L’appello è all’unità di tutte le fedi: “Insieme diciamo no all’odio, alla vendetta, alla violenza, in particolare a quella che è perpetrata in nome di una religione o di Dio. Dio è pace, salam”.

 

[**Video_box_2**]Al termine dell’incontro in moschea, Francesco si è recato allo stadio Barthélémy Boganda, dove ha celebrato la messa. Alle 12.15, la cerimonia di congedo all’aeroporto di Bangui prima della partenza in aereo alla volta di Roma, dove atterrerà all'aeroporto di Ciampino alle 18.45.

 

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.