Il cardinale George Pell

Il romanzo vaticano ha trovato il suo uomo nero: George Pell

Matteo Matzuzzi
Tra corvi, veline, libri in uscita e difensori della trasparenza di Francesco. La guerra vaticana sul sottolavello del cardinale australiano. Padre Lombardi smentisce il complotto: "Informazioni già note".

Roma. Nel pieno della guerra tra botteghe vaticane, tra corvi gracchianti e velinari e indagini catastali sugli attici di Tarcisio Bertone, per dare quel necessario tocco noir al romanzone è arrivato anche l’uomo nero da colpire e possibilmente affondare: George Pell, lo scomodo e potente prefetto per l’Economia, scelto da Francesco in persona per rendere trasparente la struttura economica della Santa Sede e subito risultato indigesto al porporame vecchio e nuovo che aveva tanta voce in capitolo sui forzieri vaticani.

 

Plichi di documenti usati da Emiliano Fittipaldi e Gianluigi Nuzzi per i loro libri riguarderebbero infatti pure il ranger australiano dai modi spicci e talvolta bruschi accusato (tra le altre cose) di dare disposizioni via e-mail anziché di persona. Si scopre così che gli scoop riguardanti Pell – ma non, ad esempio i biglietti aerei del globetrotter cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, o le spese della diocesi di Monaco e Frisinga guidata dal cardinale Reinhard Marx, coordinatore del Consiglio vaticano per l’Economia – avrebbero a che fare con l’acquisto di un sottolavello dal costo di quattromilaseicento euro e con la sua indefessa passione a viaggiare in business class. Inoltre, si rivela al mondo, si sarebbe fatto confezionare “vestiti su misura”, quasi fosse un’esclusiva da élite altolocate. Un dossier che però, si narra, avrebbe inorridito il Papa, al punto che – terminata la lettura della nota spese fattagli pervenire “da qualcuno” – sarebbe rimasto quasi traumatizzato: “Ha scosso la testa sconsolato”, dicono oggi le gole profonde (quelle considerate buone, cioè attive nel combattere per la trasparenza più assoluta).

 

Lo schema, classico e sempreverde, è quello solito: i cosiddetti conservatori che tramano nell’ombra per azzoppare la lustracija di Francesco; la “vecchia guardia” che farebbe uscire documenti riservati attraverso “pedine” quali, ad esempio, Francesca Immacolata Chaouqui (nominata con chirografo papale nella commissione referente sull’Organizzazione della struttura economico-amministrativa della Santa Sede), la cui giovane età e inesperienza per un tale incarico erano assai note. Che Pell fosse poco tollerato nei palazzi della curia romana lo dimostra quanto pubblicò lo scorso febbraio l’Espresso: il verbale di una riunione del collegio cardinalizio dell’Apsa, l’Amministrazione per il patrimonio della sede apostolica, risalente al 12 settembre 2014.

 

Oggetto della discussione – oltre al destino dell’ospedale dermatologico più grande d’Europa, l’Idi – il peso e il potere che stava accumulando la neonata segreteria per l’Economia guidata da Pell. “C’è uno che fa tutto e gli altri no”, esordì il Camerlengo e presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, il cardinale francese Jean-Louis Tauran, aggiungendo: “Siamo in una fase di sovietizzazione ed è molto preoccupante”. Determinato a fermare l’australiano anche Giovanni Battista Re, per anni prefetto della congregazione per i Vescovi: “E’ pericoloso che la segreteria dell’Economia prenda in mano tutto”.

 

Subito erano emersi due schieramenti posizionati su fronti diametralmente opposti: da una parte i fedeli a Pell, dall’altra coloro che si richiamavano al segretario di stato, il cardinale Pietro Parolin. Curioso che in questo campo figurassero esponenti della tanto deprecata “vecchia guardia”, come i bertoniani Giuseppe Versaldi e Domenico Calcagno insieme a uomini scelti da Francesco per tagliare i ponti con l’epoca degli scandali e delle manovre torbide. Con il tempo, la segreteria di stato si è riappropriata, progressivamente, di poteri e funzioni che in origine avrebbero dovuto essere devoluti all’organismo guidato dal cardinale australiano, nell’ottica di ricondurre a un unico organismo “economico” le competenze sulle casse vaticane prima divise tra molteplici uffici spesso concorrenti tra loro.

 

[**Video_box_2**]Ieri, padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana, ha divulgato sul sito di Radio Vaticana una lunga nota in cui dà credito alla tesi del vaticanista americano John Allen, secondo cui oltretevere si sta tentando di spegnere il clamore suscitato dai libri di Nuzzi e Fittipaldi prima che questi arrivino in libreria. “Si può dire che in buona parte si tratta di informazioni già note, anche se spesso con minore ampiezza e dettaglio, ma soprattutto va notato che la documentazione pubblicata è perlopiù relativa a un notevole impegno di raccolta di dati e di informazioni messo in moto dal Santo Padre stesso per svolgere uno studio e una riflessione di riforma e miglioramento della situazione amministrativa del Vaticano e della Santa Sede”. Inoltre, aggiunge Lombardi, buona parte delle informazioni pubblicate proviene dall’archivio della commissione di cui facevano parte mons. Balda e Francesca Chaouqui: “Non si tratta quindi di informazioni ottenute in origine contro la volontà del Papa o dei responsabili delle diverse istituzioni, ma generalmente di informazioni ottenute o fornite con la collaborazione di queste stesse istituzioni, per concorrere allo scopo positivo comune”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.