Papa Francesco all'uscita dall'Aula del Sinodo (LaPresse)

Sinodo finito, "discernimento" per i divorziati risposati

Matteo Matzuzzi
L'Assemblea sinodale ha approvato tutti i 94 paragrafi della Relatio finalis con la maggioranza dei due terzi. Ottanta "no" sull'articolo in cui si parla di accompagnamento per i divorziati risposati. Nessun potere dato alle conferenze episcopali, citato Giovanni Paolo II e il Catechismo. Chiusura sull'omosessualità - di Matteo Matzuzzi

Roma. Il Sinodo ha approvato stasera la Relatio finalis votata all'unanimità stamattina dalla Commissione preparatoria. Tutti i 94 articoli che compongono il testo sono stati approvati dai due terzi richiesti. Ottanta padri hanno respinto il paragrafo che prospetta una maggior competenza del confessore nel discernere caso per caso in relazione alla situazione dei divorziati risposati. A prevalere è stata la linea del circolo Germanicus, che nei giorni scorsi aveva approvato (anche in questo caso all'unanimità) una relazione che apriva al "foro interno" per valutare la possibilità di riaccostare ai sacramenti i divorziati risposati. Nessuna apertura generalizzata, ma l'indicazione di un percorso che fissava i “criteri che aiutano a discernere”, primo fra i quali “il n. 84 di Familiaris consortio”, cioè il paragrafo in cui Giovanni Paolo II spiegava che il pastore è chiamato a discernere “le situazioni, tra chi ha cercato di salvare il proprio matrimonio ed è stato abbandonato ingiustamente e chi per “grave colpa” ha distrutto un matrimonio canonicamente valido”. La terza fattispecie menzionata riguarda “coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono oggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido”. A questo discernimento” si associa un percorso di “riflessione e di penitenza” che potrà contribuire “nel foro interno a prendere coscienza e a chiarire in che misura è possibile l’accesso ai sacramenti”. Possibilità, questa, che però era stata criticata da diversi padri, primo tra tutti l’arcivescovo di Philadelphia, il cappuccino Charles Caput.

 

Nel consueto briefing dell’ora di pranzo, il cardinale Christoph Schönborn aveva fornito molti elementi relativamente al contenuto della Relatio finalis. Innanzitutto, ha spiegato, sarà ribadita la definizione di famiglia, che poi è quella già presente nella Genesi: “Uomo e donna li creò”. Certo, ha aggiunto il porporato, vi sono anche le famiglie cosiddette patchwork (miste), ma la definizione fondamentale rimane quella. L’arcivescovo di Vienna ha anche osservato che ben poco sarà detto circa l’omosessualità, “e qualcuno rimarrà deluso”. Implicitamente, il cardinale domenicano ha fatto intendere che in Aula vi è stata sul tema una opposizione netta e numericamente consistente di una determinata realtà geografica (Africa), che ha impedito di approfondire la questione. “Le diverse realtà vanno rispettate, ciò non vuol dire che il problema non interessi la Chiesa in Europa e Nord America”, ha chiosato. La lettura della Relatio finalis conferma quanto Schönborn aveva affermato nel pomeriggio, cioè che la questione “sacramentale” non è toccata in modo diretto, ma “in modo obliquo”. "Non tutto è bianco o nero”, aveva detto ancora Proporre inoltre un’alternativa tra sì e no alla comunione alimenta “una falsa attesa”, chiosava.

 

[**Video_box_2**]La relazione, nel suo complesso, era stata apprezzata anche dal cardinale George Pell, considerato tra i più restii ad approvare ogni tipo d'apertura relativamente alla condizione delle famiglie cosiddette "irregolari". Il documento è stato consegnato al Papa, che dopo la votazione ha tenuto un lungo discorso ai padri: "Il primo dovere della Chiesa non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma è quello di proclamare la misericordia di Dio, di chiamare alla conversione e di condurre tutti gli uomini alla salvezza del Signore". E ancora, "l'esperienza del Sinodo ci ha fatto capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l'uomo; non le formule ma la gratuità dell'amore di Dio e del suo perdono. Ciò non significa in alcun modo diminuire l'importanza delle formule, delle leggi e dei comandamenti divini, ma di esaltare la grandezza del vero Dio, che non ci tratta secondo i nostri meriti e nemmeno secondo le nostre opere, ma unicamente secondo la generosità illimitata della sua Misercordia".

 

Questo articolo è stato modificato alle 20.30

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.