Sabato sera i padri sinodali voteranno, paragrafo per paragrafo, la Relazione finale (LaPresse)

I giochi sinodali sono (quasi) fatti. Niente sorprese, deciderà il Papa

Matteo Matzuzzi
Non c’è maggioranza sulla comunione ai divorziati risposati. Il cardinale indiano Gracias: “Non siamo pronti”

Roma. Cinquantuno padri sinodali hanno preso la parola nell’Aula nuova per proporre qualche ritocco alla relazione finale che sarà votata sabato sera, paragrafo per paragrafo, prima di essere consegnata al Papa che deciderà cosa farne. Più d’uno è intervenuto sul rapporto tra “coscienza e legge naturale”, un tema che padre Federico Lombardi ha definito “impegnativo”. In generale, però, ha aggiunto il direttore della Sala stampa vaticana, l’assemblea ha riconosciuto che la bozza è un testo “molto più ordinato e soddisfacente rispetto all’Instrumentum laboris”, la traccia di lavoro preparata dalla segreteria guidata dal cardinale Lorenzo Baldisseri e smontata in larga parte nei circoli minori, come dimostrano i 1.355 modi (emendamenti) presentati. La relazione finale è snella – un centinaio di paragrafi in tutto – e non entrerà nello specifico delle questioni più controverse, per il semplice motivo che maggioranze chiare e nette non ne esistono. L’aveva fatto intendere già giovedì il cardinale indiano Oswald Gracias, membro della commissione incaricata di redigere il testo e ieri l’ha confermato il cardinale  Gérard Lacroix, quando ha invitato a non avere aspettative eccessive circa il documento, mentre il cardinale olandese Willem Jacobus Eijk dice più esplicitamente che “non dovrebbe cambiare niente, ma si vedrà”. Tra i più arditi nel sostenere ancora la rivoluzione circa l’insegnamento cattolico in fatto di morale familiare ci sono i padri belgi, fieramente condotti dal cardinale Godfried Danneels, che però pare accontentarsi d’aver visto “maggiore libertà di parola” in questo Sinodo rispetto ai precedenti.

 

Il vescovo di Gand, mons. Lucas Van Looy, in pole per la cattedra di Bruxelles non appena Francesco accetterà la rinuncia presentata lo scorso maggio per raggiunti limiti d’età da mons. André Léonard, ha auspicato che questa assise possa rappresentare “l’inizio di una chiesa nuova all’insegna della tenerezza verso tutte le persone”. Va oltre il cardinale Lacroix, che spera nella fine “di una chiesa che dà giudizi”, rimpiazzabile da una chiesa che “accoglie, che cammina con le persone e che parla con chiarezza”. Intanto, salvo colpi di scena inattesi dell’ultima ora, la questione su cui più s’è discusso sui media, in libreria e nelle accademie, cioè il riaccostamento alla comunione dei divorziati risposati, nella relazione finale sarà trattata assai poco. L’ha anticipato il cardinale Gracias al National Catholic Reporter: “Penso che non siamo ancora pronti. La questione non è stata analizzata con sufficienza in profondità. Tutti noi sappiamo, tutti i vescovi sanno che riaccostare all’eucaristia è una possibilità. Ma non ci siamo mai focalizzati su questo”. Una conferma arriva anche dalle parole del cardinale Edoardo Menichelli al telegiornale di Tv2000, che per i divorziati risposati intravede un’apertura che consisterebbe nel concedere loro di “poter fare i padrini”.

 

[**Video_box_2**]Qualche dubbio, proveniente soprattutto dai padri anglofoni, è emerso anche riguardo la dotta e lunga relazione del circolo tedesco moderato dal cardinale Schönborn che auspicava un discernimento caso per caso in foro interno sulla base di quanto enunciato dal n. 84 di Familiaris consortio, l’esortazione promulgata da Giovanni Paolo II nel 1981. L’arcivescovo di Philadelphia, mons. Charles Chaput, ha osservato che tale approccio “suona come una soluzione misericordiosa, ma in realtà è un’idea davvero imprudente. Se il foro interno – che non appare da nessuna parte nel codice di diritto canonico né nell’insegnamento della chiesa – può essere usato per il divorzio e il secondo matrimonio, perché non si può ricorrervi anche per la contraccezione, l’aborto o per una dozzina di altre questioni difficili? Si creerebbero molti più problemi rispetto a quelli che si cerca di risolvere”, ha chiosato il presule statunitense. Nell’omelia pronunciata come di consueto a Santa Marta, ieri il Pontefice ha preso spunto dalle letture del giorno per richiamare i cristiani circa la necessità di saper leggere i segni dei tempi: “I tempi cambiano. E’ proprio della saggezza cristiana conoscere questi cambiamenti, conoscere i diversi tempi e conoscere i segni dei tempi. Cosa significa una cosa e cosa un’altra. E fare questo senza paura, con la libertà”.

 

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.