L'esortazione post sinodale sulla famiglia ha come titolo "Amoris laetitia", la gioia dell'amore (LaPresse)

Sinodo, il Papa ha deciso: nessuna rivoluzione

Matteo Matzuzzi
Pubblicata l'esortazione sulla famiglia. Caute aperture su divorziati risposati, ma a certe condizioni. La famiglia è solo quella tra uomo e donna, impossibile l'equiparazione delle "unioni precarie" al matrimonio. Chiusura netta alla "inquietante ideologia gender".

Roma. E' lunga 259 pagine, divisa in nove capitoli e 325 paragrafi. L'esortazione post sinodale Amoris laetitia, "la gioia dell'amore", è stata presentata questa mattina in Vaticano. Il documento, firmato dal Papa lo scorso 19 marzo, solennità di san Giuseppe, recepisce i risultati del Sinodo straordinario del 2014 e di quello ordinario dello scorso autunno. Ampio spazio, nel testo, hanno le relazioni conclusive delle due assemblee. Si chiarisce subito che Francesco si è avvalso, per la stesura dell'ampia esortazione, del contributo di "diverse conferenze episcopali" (vengono menzionate nella Sintesi fornita ai giornalisti la keniota, l'argentina e l'australiana) nonché "di citazioni di personalità significative come Martin Luther King o Erich Fromm".

 

La riflessione del Pontefice parte dalle Sacre Scritture, quindi passa a citare la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II nel punto in cui afferma che "è sano prestare attenzione alla realtà concreta, perché le richieste e gli appelli dello Spirito risuonano anche negli stessi avvenimenti della storia, attraverso i quali la Chiesa può essere guidata a una intelligenza più profonda dell'inesauribile mistero del matrimonio e della famiglia". Una parte rilevante riguarda l'accompagnamento delle persone abbandonate, separate o divorziate. In questi paragrafi (che occupano il sesto capitolo) si sottolinea l'importanza della recente riforma dei procedimenti per il riconoscimento dei casi di nullità matrimoniale e si mette in rilievo la sofferenza dei figli nelle situazioni conflittuali.

 

 

Il divorzio è "un dramma della nostra epoca"

 

Il divorzio viene definito "un male, ed è molto preoccupante la crescita del numero dei divorzi. Per questo, senza dubbio, il nostro compito pastorale più importante riguardo alle famiglie è rafforzare l'amore e aiutare a sanare le ferite, in modo che possiamo prevenire l'estendersi di questo dramma nella nostra epoca". Il settimo capitolo è focalizzato sull'educazione dei figli, con il pieno sostegno all'educazione sessuale, di cui viene sostenuta la necessità. Ci si domanda, nel documento, "se le nostre istituzioni educative hanno assunto questa sfida, in un'epoca in cui si tende a banalizzare e impoverire la sessualità". Questa va "realizzata nel quadro di un'educazione all'amore, alla reciproca donazione". Attenzione all'espressione "sesso sicuro", che "trasmette un atteggiamento negativo verso la naturale finalità procreativa della sessualità, come se un eventuale figlio fosse un nemico dal quale doversi proteggere. Così si promuove l'aggressività narcisistica invece dell'accoglienza".

 

Ma la parte più delicata, che sarà inevitabilmente al centro di discussioni, è quella intitolata "Accompagnare, discernere e integrare la fragilità". E' qui che si riscontra il pensiero del Papa relativamente all'annosa questione del riaccostamento dei divorziati risposati alla comunione, il tema che più ha diviso i padri sinodali nel biennio di confronto. La parola comunione non viene mai menzionata, ma la linea recepita è quella emersa già nella Relatio finalis, ossia di una cauta apertura al riavvicinamento ai sacramenti.  Cauta perché è lo stesso Francesco, nel paragrafo 304, a dirlo:

 

"(…) Ciò che fa parte di un discernimento pratico davanti a una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma. Questo non solo darebbe luogo a una casistica insopportabile, ma metterebbe a rischio i valori che si devono custodire con particolare attenzione".

 

La motivazione dell'apertura – che riprende i punti cardine della relazione proposta dal circolo minore in lingua tedesca – la si trova in due parole che fanno da architrave a tutta l'esortazione: discernimento e integrazione. Emblematico quanto affermato al punto 296:

 

La strada della Chiesa, dal Concilio di Gerusalemme in poi, è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell'integrazione […]. La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero […]. Perché la carità vera è sempre immeritata, incondizionata e gratuita. Pertanto, sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione".

 

Al paragrafo successivo, si spiega ancor meglio il concetto:

 

Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia "immeritata, incondizionata e gratuita". Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo! Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino".

 

Sui divorziati, in particolare, le parole sono chiare:

 

I divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale. Una cosa è una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell'irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe. La Chiesa riconosce situazioni in cui "l'uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l'educazione dei figli – non possono soddisfare l'obbligo della separazione".

 

Inoltre,  si ricorda

 

Il caso di quanti hanno fatto grandi sforzi per salvare il primo matrimonio e hanno subito un abbandono ingiusto, o quello di "coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell'educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido". Altra cosa invece è una nuova unione che viene da un recente divorzio, con tutte le conseguenze di sofferenza e di confusione che colpiscono i figli e famiglie intere, o la situazione di qualcuno che ripetutamente ha mancato ai suoi impegni familiari. Dev'essere chiaro che questo non è l'ideale che il Vangelo propone per il matrimonio e la famiglia. I Padri sinodali hanno affermato che il discernimento dei pastori deve sempre farsi distinguendo adeguatamente, con uno sguardo che discerna bene le situazioni. Sappiamo che non esistono semplici ricette. (paragrafo 298)

 

 

Come integrare i divorziati risposati

 

Quanto al modo di integrare tali persone, il testo afferma che "i battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo. La logica dell'integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza".

 

Ma ecco i paletti messi nero su bianco:
    

Per evitare qualsiasi interpretazione deviata, ricordo che in nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l'ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza. (307)

 

E prima, nei primi paragrafi, il Papa afferma che

 

Nessuno può pensare che indebolire la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio sia qualcosa che giova alla società. Accade il contrario: pregiudica la maturazione delle persone, la cura dei valori comunitari e lo sviluppo etico delle città e dei villaggi. Non si avverte più con chiarezza che solo l'unione esclusiva e indissolubile tra un uomo e una donna svolge una funzione sociale piena, essendo un impegno stabile e rendendo possibile la fecondità

 

Prosegue ancora il paragrafo 52:

Dobbiamo riconoscere la grande varietà di situazioni familiari che possono offrire una certa regola di vita, ma le unioni di fatto o tra persone dello stesso sesso, per esempio, non si possono equiparare semplicisticamente al matrimonio. Nessuna unione precaria o chiusa alla trasmissione della vita ci assicura il futuro della società.

 

Inoltre, si legge, "se si tiene conto dell'innumerevole varietà di situazioni concrete (…) è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi. E' possibile soltanto un nuovo incoraggiamento a un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, poiché 'il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi', le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi".

 

 

Il ruolo dei presbiteri

 

Il compito di accompagnare il discernimento è dei presbiteri, e "in questo processo sarà utile fare un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento. I divorziati risposati dovrebbero chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l'unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio". Colloquio che – si precisa – deve avvenire "In foro interno" e concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere".

 

 

Il no alla teoria gender

 

Chiusura netta al paragrafo 56 sulle "varie forme di un'ideologia, genericamente chiamata gender, che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia.

 

Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un'identità personale e un'intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L'identità umana viene consegnata a un'opzione individualistica, anche mutevole nel tempo. E' inquietante che alcune ideologie di questo tipo, che pretendono di rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili, cerchino di imporsi come un pensiero unico che determini anche l'educazioen dei bambini.

 

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.