"La debolezza delle reazioni della comunità musulmana ufficiale è molto scioccante”

“Contro i fanatici jihadisti, fare la guerra è legittimo. Dobbiamo difenderci”

Matteo Matzuzzi
“La comunità internazionale deve intervenire per proteggere le minoranze, per liberare i loro villaggi e permettere agli sfollati di tornare a casa. I raid aerei condotti dalla comunità internazionale non bastano”. Lo mette per iscritto, nel libro “Più forti del terrore. I cristiani del medio oriente e la violenza dell’Isis” (Editrice Missionaria Italiana, 144 pp., 13 euro), il patriarca di Babilonia dei caldei, Louis Raphael I Sako.

Roma. “La comunità internazionale deve intervenire per proteggere le minoranze, per liberare i loro villaggi e permettere agli sfollati di tornare a casa. I raid aerei condotti dalla comunità internazionale hanno forse frenato l’avanzata dei jihadisti in alcuni luoghi e permettono sicuramente di proteggere una zona come il Kurdistan iracheno. Ma ciò non basta”. Lo mette per iscritto, nel libro “Più forti del terrore. I cristiani del medio oriente e la violenza dell’Isis” (Editrice Missionaria Italiana, 144 pp., 13 euro), il patriarca di Babilonia dei caldei, Louis Raphael I Sako. “Lo Stato islamico si è adattato, si insinua e propaga nelle città, non si sposta più con una grande colonna di veicoli come aveva l’abitudine di fare”. Cosa fare, mar Sako lo dice subito dopo: “Se si vuole veramente sradicare questa organizzazione di fanatici, è necessario avere una forza via terra. In queste circostanze, fare la guerra è legittimo, lo stesso Papa Francesco l’ha ricordato. E’ legittima difesa!”. Ancora una volta, l’appello a muoversi in modo concreto e non teorico giunge dai presuli locali, che da un anno toccano con mano le conseguenze dell’avanzata dei miliziani jihadisti. E’ di ieri la conferma dell’uccisione in Siria di almeno venti drusi a opera dei ribelli del Fronte al-Nusra, legati ad al Qaida. Se Walid Jumblatt, tra le più note personalità di quella comunità, ha invitato alla calma e a non gettare benzina sul fuoco, definendo l’agguato come “un fatto isolato”, l’ex ministro libanese Wiam Wahhab ha esortato i drusi a formare una forza armata di autodifesa, dal momento che “non accetteremo di svendere il sangue dei drusi”. Sangue che è stato sparso anche in Nigeria: giovedì, un gruppo di miliziani di Boko Haram ha assaltato tre villaggi nello stato del Borno, assassinando almeno quarantatré civili.

 

Il patriarca caldeo racconta come la piaga islamista si è allargata sulla piana di Ninive. Torna con la mente alla notte tra il 17 e 18 luglio del 2014, quando “dei pick-up muniti di altoparlante hanno circolato nei quartieri cristiani annunciando un ultimatum, e degli uomini hanno distribuito un volantino che spiegava lo stesso messaggio: i cristiani dovevano convertirsi all’islam, pagare la jizya, la tassa, lasciare la città senza prendere nulla con sé prima di mezzogiorno del 19 luglio o essere decapitati. ‘Fra voi e noi, non ci sarà che la spada’ precisava il volantino”. Il risultato, scontato: “Sono partiti tutti. Quelli che hanno cercato di portarsi via delle cose sono stati sistematicamente derubati ai check-point all’uscita della città. I jihadisti hanno strappato perfino gli orecchini alle donne e hanno perquisito gli uomini. A coloro che volevano resistere minacciavano di rapire le mogli e le figlie. Molti hanno dovuto abbandonare Mosul a piedi, nel caldo opprimente del mese di luglio in Iraq. Senza niente, quasi nudi”.

 

L’obiettivo del Califfato, a giudizio di Sako, è chiaro: “Vuole svuotare non solamente l’Iraq ma anche tutto il medio oriente dalla componente cristiana, che è molto importante. Il nostro problema – dice – è che qui siamo assimilati all’occidente. Molti musulmani pensano che è da qui che provengono tutti i loro mali”. Gli affiliati al Daesh, in particolare, “ritengono che i cristiani, con la loro libertà, con i loro costumi, siano fastidiosi. Si guardino le ragazze cristiane vestite in jeans e senza velo. Una giovane musulmana, secondo loro, non può vestirsi così. In questo presunto Califfato, una cristiana, libera, abbigliata diversamente, obbliga le altre giovani donne a porsi delle domande. I cristiani, con la loro diversità, seminano il dubbio”.

 

[**Video_box_2**]Un’avanzata a ogni modo ispirata da un’ideologia ben precisa: “E’ il risultato di un lavaggio del cervello. I suoi membri sono molto chiusi e si definiscono contro tutto il resto. Sono contro la cultura. Sono contro il pluralismo. Distruggono tutto, fanno tabula rasa. A Mosul, per esempio, hanno fatto saltare in aria le tombe dei profeti. Vogliono fare il loro Stato islamico a partire dal niente. La sharia che sostengono è per loro una legge divina. E’ nel nome di Dio che agiscono. E’ Dio che ordina loro di fare tutto ciò. E’ Dio la posta in gioco. Questo è terribile”. Il patriarca di Babilonia, da sempre fautore di un genuino dialogo interreligioso – “questa è la vocazione dei cristiani in Iraq, servire da ponte per la riconciliazione fra le comunità” – si rammarica per le “condanne un po’ timide” delle atrocità commesse dall’Is giunte dalle autorità religiose musulmane: incontrando l’ayatollah Sistani, la maggiore autorità sciita in Iraq, “gli ho chiesto di parlarne pubblicamente, di pubblicare una fatwa. Mi ha risposto: ‘Non mi ascolteranno, come i cristiani non ascoltano il Papa’. E’ molto gentile, ma si è messo un po’ fuorigioco”. Il fatto è che, aggiunge Sako, “tutti i musulmani dicono che l’Isis non rappresenta l’islam, che il Fronte al-Nusra non rappresenta l’islam, che al Qaida non rappresenta l’islam. Ed è vero, chiaramente. Ma queste ideologie perpetrano i loro crimini nel nome dell’islam e della sua purezza. E’ per questo che la debolezza delle reazioni della comunità musulmana ufficiale è molto scioccante”.

 

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.