Il 4 maggio e il calcio moderno

Piero Vietti

Il 4 maggio a Torino piove sempre. Che poi non è vero, ma i tifosi granata ne sono convinti davvero. E' una convinzione bellissima, figlia della memoria e della storia. Il 4 maggio a Torino piove sempre perché quel 4 maggio pioveva.

    Il 4 maggio a Torino piove sempre. Che poi non è vero, ma i tifosi granata ne sono convinti davvero. E' una convinzione bellissima, figlia della memoria e della storia. Il 4 maggio a Torino piove sempre perché quel 4 maggio pioveva. In questo pomeriggio di 65 anni fa la squadra di calcio del Torino tornava da Lisbona in aereo. Con il quinto scudetto consecutivo (altro che tre di fila) praticamente vinto, la squadra che rappresentava dieci undicesimi della Nazionale italiana era andata in Portogallo per un'amichevole: Ferreira, il capitano del Benfica, aveva lasciato il calcio, e per il suo addio voleva far vedere dal vivo ai suoi tifosi quella che allora era considerata una delle squadre più forti del mondo. Valentino Mazzola, il capitano del Torino, aveva accettato.

    Lo schianto dell'aereo che trasportava la squadra, i dirigenti e alcuni giornalisti, sulla collina di Superga – alle porte della città – fu definitivo, spaventoso e immenso. Alle 17,03 del 4 maggio 1949 il Grande Torino non c'era più. Eppure da quel momento ci fu per sempre. L'eco dello schianto si sente ogni volta che si sale a Superga, si fa il giro della basilica e si osserva in silenzio la lapide posta in ricordo della tragedia. Lì si possono vedere ogni volta maglie, sciarpe e gagliardetti di altre squadre, spesso straniere. A parte qualche tifoso juventino che si è sentito così intelligente da preparare striscioni irrisori dello schianto al derby di quest'anno, la storia del Grande Torino non può non colpire chi ama il calcio (e non solo).

    Spesso si dice che il calcio è metafora della vita. Vicende come questa sfilano quella frase dal pozzo dei luoghi comuni e la superano. C'entra con le grandi domande della vita, la storia del Grande Torino. E' storia di morte, destino, mistero, apparente ingiustizia. Ma è anche una storia che ha generato un popolo unico nel calcio moderno. Migliaia di persone che ogni anno il 4 maggio (e più alla spicciolata tutti giorni) salgono sul colle con la squadra per dire una preghiera, riascoltare i nomi dei caduti recitati dal capitano di turno e salutare senza isterie i giocatori applauditi la domenica.

    Superga è un'anomalia nel calcio di oggi. Per quello che è successo 65 anni fa e per come ne è stata tramandata la memoria e per come oggi la si onora. La storia del Torino è fatta di lacrime, gioie, disgrazie, sorrisi, fallimenti e risurrezioni. Come la vita.

    Il calcio di oggi cerca di non farci caso, a questa anomalia, e con scuse ridicole la Lega Calcio non ha accettato che la partita di oggi del Torino a Verona contro il Chievo venisse spostata per permettere alla squadra di essere presente a Superga alle 17 per la commemorazione: problemi di contemporaneità necessaria con le altre partite del campionato, hanno spiegato col ditino alzato. Salvo poi far disputare il turno di campionato spalmato su tre giorni, con squadre che lottano per obiettivi simili impegnate in orari e date diverse. Il Torino se n'è fregato, e subito dopo la partita con il Chievo volerà a Torino per ricordare gli Invincibili (li chiamano così) e abbracciare i tifosi. Hanno spostato l'orario, ma ci saranno. Alla faccia della Lega, e di un calcio che avendo perso molte delle sue radici non sa più riconoscere quello che potrebbe renderlo più bello e più vero.

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    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.