LaPresse/Guglielmo Mangiapane

Cosa ci dicono i voti di lista in Sicilia

Massimo Bordin

Mpd certifica la sua irrilevanza e l'unico candidato a beneficiare dei voti di altre liste è stato Cancelleri 

“Il Movimento 5 stelle perde la partita più importante, quella per il presidente, e resta all’opposizione, rischiando l’ininfluenza, non essendo riuscito ad arrestare l’avanzata del partito dell’astensione”. Il severo giudizio è del dottore Antonio Ingroia e, in qualche misura, il M5s lo ha tenuto in conto se i suoi dirigenti nazionali, a cominciare da Luigi Di Maio, hanno subito assicurato che la loro battaglia futura sarà volta alla conquista del voto degli astenuti. E’ innegabile che Ingroia colga un limite del movimento di Grillo in questa fase: si vuole alternativo all’offerta politica dei partiti tradizionali ma resta costretto nel recinto sempre più angusto dove si svolge il mercato. Alle lunghe non può durare, al di là dei relativi successi percentuali. Ingroia è impietoso anche sulla candidatura di Claudio Fava che non è andata al di là del 6 per cento circa raccolto nelle precedenti regionali, quando per un disguido burocratico dovette essere sostituito all’ultimo momento da una volenterosa militante. Stavolta con lui c’era l’Mdp, che così in Sicilia l’irrilevanza non la rischia ma la certifica. Anche il voto disgiunto, malgrado sondaggi che promettevano sfracelli, non ha pesato in nulla sulla candidatura di Fava rispetto alla lista e lo stesso è stato per il vincitore Musumeci. L’unico candidato beneficiario di voti di altre liste è stato Cancelleri che ha preso il 7 per cento in più del M5s. Non ci vuole l’istituto Cattaneo per notare come sia la stessa percentuale che manca al candidato Micari rispetto ai voti delle liste che lo sostenevano. Proprio l’esame attento dei voti di lista offre interessanti sorprese, assicura Pierluigi Castagnetti, e naturalmente ha ragione.

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