Cosa c'entrano le buche di Raggi con la riforma del processo penale

Massimo Bordin

A Roma il sindaco, invece di tappare le buche, mette un cartello e limita la velocità delle macchine. In parlamento hanno fatto la stessa cosa con processi e prescrizione

La imposizione del limite di velocità a 30 km/n su ampi tratti della via Cristoforo Colombo di Roma, una strada a scorrimento veloce su dieci corsie nei due sensi, è chiaramente simbolica. Una metafora della cattiva politica. La via Colombo ha ormai un manto stradale paragonabile a quello delle periferie di Baghdad e con sempre maggiore frequenza le persone che la percorrono si fanno male, molte seriamente, alcune purtroppo definitivamente. Inevitabili, e in forte aumento, le cause di risarcimento al comune di Roma da parte degli infortunati o dei parenti delle vittime. Un’amministrazione appena decente capirebbe che è anche economicamente conveniente tappare le buche. Invece la sindaca e i suoi astuti consiglieri hanno deciso altrimenti. Sono comparsi cartelli col limite di velocità e, a spiegazione, il simbolo della cunetta. Lo sprezzo per la realtà ha mutato le buche di natura. Ora se uno si fa male dovrà dimostrare che osservava i limiti, altrimenti la causa è persa. Il comune ci guadagna due volte perché non spende per i lavori e incassa le multe che, con rara improntitudine, hanno cominciato a fare. Quando qualcuno protesterà è facile immaginare la insopportabile sindaca col ditino alzato a spiegare che “più velocità è più pericolo” e che lei ci deve proteggere. Ma, ad essere equanimi, la Cristoforo Colombo, come la chiamano i romani, non è solo la metafora della cattiva politica a 5 Stelle. Una legge di “riforma” che, siccome i processi durano in eterno, allunga i termini di prescrizione, non equivale a lasciare le buche e mettere un cartello?