Il processo Mafia Capitale spiegato con Borges

Massimo Bordin

Le coincidenze della requisitoria del procuratore aggiunto Paolo Ielo

Jorge Luis Borges sosteneva di tenere in considerazione le coincidenze piuttosto che la storia e in fondo solo per una coincidenza quando, l’altro ieri, il procuratore aggiunto Paolo Ielo, iniziando la requisitoria nel processo Mafia Capitale, ha tenuto a dire che la procura romana ha “sentito e risentito tutte le migliaia di intercettazioni dell’indagine, cercando i riscontri e alzando l’asticella rispetto a quanto richiesto dalla giurisprudenza corrente”, tutti hanno pensato al capitano Scafarto. La coincidenza, per quanto forse un po’ aiutata dall’intenzione, può, borgesianamente, avere davvero un valore storico. Nella parte iniziale della requisitoria, una sorta di premessa sul metodo, dopo le parole di Ielo sulla verifica delle prove e l’attendibilità degli imputati, un altro pm, Giuseppe Cascini ha affrontato il punto chiave, ovvero la imputazione di associazione mafiosa. Le sue argomentazioni non sono state banali e si sono fondate sulla già avvenuta dilatazione di questo capo di imputazione nella giurisprudenza della Cassazione. Tema delicato, certamente discutibile ma svolto in maniera sobria e comunque documentata. L’inchiesta è sicuramente criticabile ma è altra cosa da certe sconclusionate inchieste palermitane e napoletane. La coincidenza mostra un fatto: dopo l’Antimafia degli innovatori e dei martiri, seguita da quella dei pasticcioni inconcludenti e vanagloriosi, si annuncia una terza fase, molto diversa dalla precedente che pure non è ancora del tutto superata.

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