TeleKabul di Sandro Curzi

Massimo Bordin
Il Tg3 fu chiamato TeleKabul dai suoi detrattori per sottolinearne la pedissequa e perfino rozza osservanza che, a loro dire e forse non del tutto a torto, lo caratterizzava rispetto alla linea politica del Pci.

Il Tg3 fu chiamato TeleKabul dai suoi detrattori per sottolinearne la pedissequa e perfino rozza osservanza che, a loro dire e forse non del tutto a torto, lo caratterizzava rispetto alla linea politica del Pci. Allora l’Afghanistan era occupato dall’Urss e certo la locale tv di stato non brillava per anticonformismo rispetto agli occupanti. Il colpo di genio del direttore del Tg3, Sandro Curzi, fu la decisione di non polemizzare con quel marchio, anzi di rivendicarlo, perfino accentuandone alcuni aspetti. I suoi editoriali ricordavano sempre più smaccatamente le relazioni introduttive dei segretari di sezione del Pci.

 

Adottava il loro modo di intrecciare un ragionamento elementare con elementi ideologici conditi da qualche espressione incongruamente magniloquente. Fu un successone, malgrado il Pci avesse cambiato nome nel frattempo. O forse proprio per questo. “Sì, Telekabul. E allora?”, fu la sua linea di difesa quando inevitabilmente chiesero la sua testa. Che non ebbero, perché a difenderlo, oltre gli ascolti, furono gli “innovatori”, i Freccero e non solo lui, che lodarono la capacità di rottura comunicativa proprio per l’ingenua, smaccata proposizione di un modernariato ideologico allora richiesto come gli orologi russi a porta portese. Oggi Bianca Berlinguer, che infatti si è limitata a trattare una dignitosa ricollocazione, non può fare un’operazione del genere. Non c’è più l’Urss e nemmeno il Pds. Resta Freccero.

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