La procura di Bari e la giostra continua della confusione dei ruoli e dei poteri

Massimo Bordin
“E’ stato un trionfo”. Come quello del Palermo sulla Juventus, hanno subito impietosamente chiosato su Twitter. Eppure forse non è questa l’affermazione più singolare di Michele Emiliano nella sua intervista a La7 ad urne appena chiuse.

“E’ stato un trionfo”. Come quello del Palermo sulla Juventus, hanno subito impietosamente chiosato su Twitter. Eppure forse non è questa l’affermazione più singolare di Michele Emiliano nella sua intervista a La7 ad urne appena chiuse. Converrete che sentire dire, da un pm divenuto sindaco della città dove ha esercitato come magistrato e poi governatore della Regione, “Io non ho ambizioni politiche” possa indurre commenti ancora più sferzanti. Ma non è questo il punto, e non lo è nemmeno il referendum. Non è scandaloso in sé che un pm passi a ruoli di governo locale e poi nazionale. Negli Stati Uniti, però. Dove i pm sono intercambiabili con gli avvocati e i capi delle procure sono eletti dai cittadini. E i giudici sono nominati dalla politica. E’ un altro sistema e per la verità funziona. La procura di Bari è, ancora più di quelle di Roma e Milano e perfino di quella di Palermo, l’esempio di una giostra continua della confusione dei ruoli e dei poteri. Ma se chiedete a Emiliano o qualche suo collega parlamentare un giudizio sui sistemi che prevedono una relazione stretta fra magistratura ed esecutivo, otterrete immediata esecrazione in nome della “autonomia e indipendenza dell’ordine giudiziario, perennemente minacciate”. Per sostanziare così un altro principio, di carattere mediterraneo, che recita “Chiagni e fotti”.

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