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Il girotondo

“La surrogata sarebbe un regresso per le donne e i bambini”

Giulio Meotti

Sull’utero in affitto si consuma un falso scontro fra laici e cattolici. La grande opposizione viene dalle femministe critiche. “Così si crea un mercato di donne e bambini”. Interviste alle dissidenti

In Italia arriva il disegno di legge per mettere al bando la “maternità surrogata”. E una certa vulgata vuole trasformarlo in uno scontro fra laici e cattolici, progressisti e conservatori, illuminati e reazionari. Ma le voci più critiche di questa pratica arrivano proprio da alcune donne, dissidenti spesso di sinistra. “Per legge il corpo è indisponibile, i tuoi reni non puoi venderli”, dice al Foglio Marina Terragni, scrittrice e femminista critica. “Dicevamo ‘l’utero è mio e lo gestisco io’, non ‘consegniamolo al neo patriarcato mercantile’”. Parlano di surrogata “altruista” e “dono”. “Per un bambino paradossalmente essere regalato è anche peggio di essere venduto”, dice Terragni. “Se ti dicono che tua madre era povera, una ragione te la fai. Se vieni regalato, allora non vali niente”. Terragni già tre anni fa col femminismo gender critical sostenne le proposte Meloni e Carfagna. “Cos’è una donna, chiesi a Luisa Muraro? ‘Una che può mettere al mondo altri esseri umani’. Poi c’è la cancellazione della relazione materna, perché il fondamento della civiltà è il due, non l’uno dell’individuo”. “Quando andavamo in piazza  non volevamo mettere su una industria per vendere i bambini”, dice al Foglio la giornalista del Corriere della Sera Monica Ricci Sargentini, spiegando che si tratta anche di un mercimonio. “Questa è commercializzazione della donna e del bambino,  inquietante, dove diventa tutto prodotto fra agenzie e avvocati, una macchina dove conta solo l’acquirente. Una cosa folle, non c’è nulla di solidale, non c’è   amore, anche se te lo infiocchettano così per vendertelo. La sinistra, come Filomena Gallo dell’Associazione Coscioni, come fa a pensare che sia solidarietà? Non è come ospitare a casa dei profughi siriani”.

In tutto questo, il bambino che cos’è? “Un prodotto”, ci dice Ricci Sargentini. “C’è un linguaggio finto, al posto di ‘madre’ si dice ‘portatrice’. Cos’è, un carretto? Zagrebelsky ha detto che è come la donazione di un organo. Incredibile, ma l’ha detto. Da una parte c’è il patriarcato, la visione della donna come angelo del focolare. E dall’altro un patriarcato che entra dalla finestra e ci schiaccia con la surrogata, il gender, gli ormoni ai bambini. E le donne? Non contano più niente, calpestate”. Lucetta Scaraffia, accademica, editorialista e membro del Comitato nazionale di bioetica, parla di scandalo medico. “L’ovulo usato per fabbricare l’embrione non è mai quello della donna che affitta l’utero per ragioni psicologiche, perché questa donna deve sentirsi un contenitore e non una madre, allora per impiantarlo le donne devono prendere ormoni tre mesi prima e se si impiantano ormoni per tutta la gravidanza e questo nessuno lo dice, aumenta di otto volte la  possibilità di avere un cancro lei e anche il bambino, ma nessuno lo dice”. Un affare da miliardi. “Le agenzie sono ricchissime, pagano stuoli di medici e avvocati che collaborano. Un moderno sfruttamento del corpo femminile. La libertà è un lusso per ricchi, perché mentre queste donne sono quasi sempre povere e 25 mila dollari sono molti per loro, chi lo compra ne paga 100-120 mila. Nel contratto non sono padrona di abortire se i committenti si pentissero”. La donna del corpo non dispone. “E non è simile al trapianto di un rene, perché c’è di mezzo il parto, in cui la donna rischia la vita. Assomiglia dunque più alla prostituzione, ma è molto più grave perché c’è di mezzo il bambino”. Cofondatrice di Azione, femminista e saggista, anche Emma Fattorini è contraria. “Il cuore del dissenso è che il corpo del bambino, e quello della donna – in generale ogni corpo, secondo l’habeas corpus – non possono essere soggetti a compravendita, non possono essere dei mezzi, ma sono un fine. Non è un principio astratto e moralista, è fondamentale per il rispetto della persona. Un principio su cui non si può transigere che attiene al fondamento del nostro vivere civile. E della nostra civiltà. Un diritto umano fondamentale. Come lo è il migliore interesse del bambino nato che è quello ad avere due genitori e conoscere le proprie origini. E quindi vanno rispettati questi due capisaldi. Per quanto riguarda il reato universale è difficile da tradurre in legge, ma l’indicazione a muoversi in una condanna a livello internazionale è un grande passo simbolico”. Storico volto del femminismo italiano, scrittrice e attivista, Alessandra Bocchetti ci dice: “Lo scandalo  è considerare la donna come strumento e di sottoporla a una situazione fisicamente e psicologicamente insopportabile. E considerare la maternità una funzione, quando è un’opera completa e straordinaria. Che questo si trasformi in lavoro è un’indecenza assoluta e resto stupefatta che la Cgil non si accorga dell’obbrobrio assoluto della surrogata”. Infine, Daniela Danna, sociologa e autrice per Laterza di Fare un figlio per altri è giusto. Falso!. “Lo scandalo più grande è in sé il fatto di trasformare i neonati in merce, ma anche la mistificazione dietro la compravendita è inaudita”, dice Danna al Foglio. “Anche se tutte le parti si accordano per presentarlo come un ‘dono’, questo non fa dello scambio tra neonato e denaro un dono, perché senza passaggio di denaro nessuna lo farebbe. Nel dibattito c’è l’idea che la regolamentazione risolverebbe ogni problema, quando proprio con la regolamentazione si introduce l’istituto giuridico che permette di fare compravendita della filiazione in astratto e in concreto di un neonato, in un paese che non lo ammette. Sarebbe un regresso sociale e l’apertura di un nuovo mercato di bambini. In Grecia si presentano le surrogate come le migliori amiche delle committenti, ma la maggior parte delle madri dette ‘surrogate’ sono bulgare, romene, albanesi… Curioso, no? In Inghilterra i giudici approvano contratti con rimborsi di 30 mila sterline anche se la surrogazione sarebbe solo ‘altruistica’. Una volta introdotta la regolamentazione il mercato fa le sue regole, la domanda e l’offerta. Le madri che danno via i figli fingendo che non siano propri non possono scegliere loro il prezzo, perché è il mercato che lo stabilisce. Si mercifica la vita al suo iniziare, in spregio al legame tra madri e neonati e al diritto umano alla continuità di relazione che ha un piccolo”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.