Khloe Kardashian (foto by Evan Agostini/Invision/AP) 

Kardashian mostra le ombre dietro alla scintillante industria della maternità surrogata

Giulio Meotti

“Ho nascosto la testa sotto la sabbia durante quella gravidanza”. Khloé Kardashian, la sorella di Kim, confessa di sentirsi “in colpa” per aver usato una madre surrogata

Una prestatrice d’opera, una donna involucro con le spese rimborsate e che per soldi prenderà ormoni e resterà incinta, partorirà con dolore come tutte le altre, prima di consegnare il neonato ai “committenti” che salderanno il conto e lo porteranno via, perché è “roba” loro. Un business come un altro, ormai, tanto da spingere  la giurista Olivia Sarton a scrivere nel 2021 che “oggi è meno rischioso violare la legge vendendo la maternità surrogata che per un bistrot servire il caffè senza controllare il green pass”. Ma anche un nuovo modo di pensare, uno “stile di vita moderno”. E un business sempre meno sconvolgente nell’occidente che dissimula e dove anche la schiavitù diventa un diritto. 

  
Ora Khloé Kardashian, la sorella di Kim, mostra tutte le ombre che si celano dietro a questo dorato business di cuori e diritti. Kardashian ha appena confessato di sentirsi “in colpa” per aver usato una madre surrogata
. La fondatrice di Good American l’ha chiamata “transazione” durante la terza stagione della serie tv “The Kardashians” e dice di essere caduta in uno “stato di choc per l’intera esperienza”. “Ho nascosto la testa sotto la sabbia durante quella gravidanza”, ha detto. “Quando sono andata in ospedale mi sentivo davvero in colpa per il fatto che questa donna avesse appena avuto il mio bambino, per poi prenderlo con me lasciando madre e piccolo separati. Vorrei che ci fosse un po’ di onestà riguardo alla maternità surrogata”. Kardashian ha detto che con il primo figlio è stato diverso. “Penso che ci sia una differenza quando il tuo bambino è nella tua pancia, quando il bambino sente battere il tuo cuore. Non c’è nessun altro su questo pianeta che ti sentirà da dentro così, che sentirà il tuo cuore”. E batte molto più forte degli emoji a forma di cuoricino.

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  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.