Statua di Sigmund Freud a Londra, con la Tavistock Clinic sullo sfondo (Wikimedia)

Grand hotel Freud

Londra ferma la clinica dove si cambiava genere ai bambini

Giulio Meotti

Nato per curare lo choc dei soldati della Prima guerra mondiale, il “Tavi” è diventato famoso per la cura della disforia di genere. Scandalo dalla storia illustre che risale ai padri della psicoanalisi

Migliaia di giovani vulnerabili e spaventati avevano varcato le sue porte, bisognosi di aiuto, consigli e guida. Ma erano entrati in un mondo in cui il personale del servizio sanitario, i cosiddetti “guardiani della nostra salute”, era così spaventato da attivisti prepotenti e aggressivi (e dai politici che li sostenevano) che erano pronti a cambiare irreversibilmente la vita di quei giovani per sempre, senza alcuna base medico-scientifica, ma rincorrendo una teoria.

 
La scorsa settimana alla fine è stata ordinata la chiusura dell’unica clinica medica pubblica nel Regno Unito autorizzata a prescrivere bloccanti della pubertà ai minori, anche di tre-quattro anni. L’Unità per lo sviluppo dell’identità di genere che verrà presto chiusa si chiama Tavistock. Un mito, evocato come un esempio dai paesi che non si erano ancora dati una simile struttura, che sta adesso affrontando un’azione legale di massa da parte di giovani che affermano di essere stati costretti a prendere bloccanti della pubertà che alterano la vita. Il Times giovedì ha rivelato che mille famiglie si uniranno a una causa per negligenza medica sostenendo che i bambini vulnerabili sono stati diagnosticati erroneamente e messi su un percorso medico dannoso.

 
Il “Tavi”, come è nota la clinica, ha una illustrissima storia in prima linea negli approcci ai problemi di salute mentale che alla fine avrebbero messo in discussione il buon senso stesso.

 
La clinica si trova nel ricco sobborgo di Hampstead, a nord di Londra. Ha una famosa statua di Sigmund Freud all’esterno, a due passi dalla sua casa londinese. Le librerie nei dintorni sono specializzate in tutti i tipi di psicologia. Fondato dal dottor Hugh Crichton-Miller subito dopo la Prima guerra mondiale, il Tavi originariamente si concentrava sul trattamento delle vittime di shock da granata. La filosofia di Crichton-Miller avrebbe eliminato letti, camici e attrezzature mediche. Si è sviluppata così una prima “comunità terapeutica”. Già al tempo non c’erano “binari”, pazzi o sani.

  

Nel 1935 il Tavi fondò un braccio clinico, in seguito chiamato “Portman Clinic”. Sigmund Freud, Carl Jung e H. G. Wells sono annoverati tra i suoi vicepresidenti nei primi anni. Lo stesso Jung tenne una serie di conferenze al Tavistock nel 1935. Negli anni 30 e 40 la clinica si è specializzata nel nuovo campo dell’“igiene della salute mentale” o della “psichiatria preventiva”. Era il nuovo discorso dominante occidentale: non cercare di curare le malattie mentali, o ciò che in precedenza era chiamato “follia”, quanto piuttosto promuovi una buona salute mentale per tutti. La clinica venne chiamata “Freud Hilton” dal personale e tra il 1956 e il 1964 vi lavorò R. D. Laing, il leggendario pioniere dell’antipsichiatria, che diede voce ai movimenti degli anni Sessanta e che fu uno dei protagonisti più significativi delle contestazioni del ’68.

 
Il Tavistock, infine, divenne l’epicentro dell’ideologia transgender, secondo cui tutti hanno tratti fluidi di genere, ognuno ha una “identità di genere” che può o non può essere allineata al proprio sesso biologico e che i minori possono essere avviati alla “transizione” fin dalla pre-pubertà.

 
Alla fine è stato il Servizio sanitario inglese a ordinare al Tavistock di chiudere, ma la sua decisione non sarebbe mai stata presa se non fosse stato per le voci coraggiose di alcuni medici e infermieri che si sono espressi contro il centro. Pazienti, genitori e lo stesso personale del Tavistock si erano trasformati in “informatori”, mettendo a repentaglio la propria carriera, pur di avvertire che i bambini anche di dieci anni venivano messi a rischio con la prescrizione di potenti farmaci per fermarne la pubertà.

 
Uno scandalo di proporzioni epiche ed è stato permesso che accadesse perché c’è il terrore di andare contro l’ideologia trans. Nel Regno Unito, la giornalista Suzanne Moore si è dovuta dimettere dal Guardian, per il quale ha lavorato per vent’anni, dopo mesi di accuse di “transfobia” ed essere stata bullizzata dai colleghi, mentre Stonewall, la storica ong Lgbt, ha licenziato Allison Bailey, avvocato che ha contribuito a creare l’Alleanza Lgb, per le critiche al gender.

 

Già nel 2005 una infermiera, Sue Evans, sollevò obiezioni sul trattamento dei minori. Ma venne ignorata 

  
La prima a sollevare preoccupazioni sulla clinica nel 2005 era stata Sue Evans, un’infermiera del Tavistock. Era preoccupata che gli adolescenti venissero valutati troppo rapidamente e che i piani di trattamento fossero influenzati dai gruppi politici. Le sue paure non sono così state rese pubbliche. Poi, alla fine del 2018, un membro anziano del personale ha detto al consiglio di amministrazione che i bambini venivano erroneamente spinti a cambiare genere e che le ragioni psicologiche e sociali dietro i loro sentimenti venivano ignorate. Un gruppo di genitori ha infine scritto al Tavistock esprimendo preoccupazione. L’allora consulente psicoterapeuta Marcus Evans – la cui moglie Sue aveva inizialmente sollevato preoccupazioni anni prima – si è dimesso per protestare contro la risposta del Tavistock ai medici che avevano lanciato l’allarme. La psicologa clinica Kirsty Entwistle ha anche reso pubblica una lettera su ciò che aveva visto mentre lavorava al centro. Scrisse che il personale medico non stava esaminando il motivo per cui gli adolescenti potrebbero voler cambiare sesso per paura di essere etichettati come “transfobici”.

 
Poi è esploso il caso Keira Bell, a cui erano stati prescritti i farmaci bloccanti quando aveva sedici anni. Poi un intervento chirurgico di rimozione del seno, ma in seguito si è pentita della transizione. Keira è nata femmina, ma si sentiva maschio e da adolescente ha iniziato l’iter medico per cambiare identità sessuale. Le sono stati rimossi i seni con un’operazione pagata dal servizio sanitario nazionale, ma poi si è pentita e Keira, racconta la Bbc, si è unita in una causa contro il Tavistock intrapresa dalla madre di una ragazza autistica assistita dalla clinica e da una psichiatra che ha lavorato nella struttura: “Non voglio che altri bambini soffrano come me”.

 

Lo psichiatra David Bell era stato punito per aver detto che le analisi sui minori erano troppo rapide e non tenevano conto di altri disturbi  

  
Lo psichiatra David Bell, pioniere e presidente della British Psychoanalityc Society, aveva compilato un rapporto interno in cui si riportavano le preoccupazioni di molti medici della clinica per il modo in cui si trattavano bambine e bambini. Il suo rapporto affermava che i pazienti erano stati esposti a “danni a lungo termine” perché la clinica non poteva “reggere alle pressioni” di attivisti e famiglie “altamente politicizzati”. Bell ha accusato il servizio di fornire “cure terribilmente inadeguate” e che il personale nutriva “preoccupazioni etiche molto serie”. Al dottor Bell sono state quindi inviate due lettere in cui si minacciavano azioni disciplinari, a cui hanno fatto seguito le sue dimissioni.  

 
Tutto ha inizio nel febbraio 2018: Bell lavora come consulente alla Tavistock da 25 anni ed era uno dei medici più anziani, dieci anni da responsabile del programma scientifico e capo del personale. I racconti di alcuni colleghi lo avevano lasciato  di sasso. Ai bambini veniva diagnosticata subito la disforia di genere e  sottoposti a bloccanti della pubertà e ormoni sessuali incrociati. Alcuni erano stati avviati al trattamento dopo due soli appuntamenti. Bell aveva avvisato la direzione, ma  viene accusato di “bullismo” e gli viene imposto di non parlare più con la direttrice per la tutela dei minori. 

 
La denuncia del Times in prima pagina (“E’ in corso un esperimento di massa sui bambini, i più vulnerabili”) scopre poi un vaso di Pandora: diciotto medici si erano licenziati per “ragioni di coscienza” (“questo trattamento sperimentale viene effettuato non solo sui bambini, bensì su bambini molto vulnerabili, che hanno avuto problemi di salute mentale, abusi, traumi familiari. Ma a volte questi fattori vengono semplicemente insabbiati”). Si parla di 2.519 piccoli inviati alla clinica, di cui il più giovane ha solo tre anni.

 
Sue Evans su “Common Sense”, la newsletter della giornalista americana Bari Weiss, ex New York Times, racconta di gruppi di attivisti che “stavano esercitando un’influenza su medici e clinici, dettando le aspettative di cura per i nostri pazienti”. Un superiore le intima di riscrivere una lettera indirizzata al medico di un paziente di sesso maschile assicurandosi di usare il nome femminile da lui scelto e i nuovi pronomi in cui si riconosce. Evans fa notare che questo avrebbe potuto confondere l’équipe clinica, dal momento che “stavamo parlando di un bambino maschio con disforia di genere”. Le viene risposto che il mancato utilizzo dei nomi e dei pronomi corretti avrebbe potuto costare a lei e alla Tavistock una causa legale. “Cominciai a pensare di essere parte di qualcosa di non etico” scrive Evans.

 
L’Inghilterra è diventata così il teatro di una forma di ingegneria medico-sociale. Racconta l’Economist che nel 2020 il Tavistock era già stato valutato “inadeguato” dagli ispettori, a seguito delle preoccupazioni sollevate da medici e genitori. I critici avevano affermato che i medici del Tavistock non esploravano la storia personale dei pazienti (un’alta percentuale di bambini che si identificano come “trans” ha altri problemi di salute mentale).

 
Già in Svezia, che è stato il primo paese al mondo, nel 1972, a offrire la transizione di genere (bloccanti della pubertà, iniezioni di testosterone o estrogeni, chirurgia del seno, logopedisti per cambiare voce, depilazione, trapianti di barba, chirurgia genitale) il prestigioso ospedale Karolinska di Stoccolma, dipendente dall’istituto che assegna il Nobel per la medicina, aveva vietato il trattamento ormonale ai minori. Poi lo stesso avviene in Finlandia.

 
Perché tanta omertà? Bastava leggere a luglio il drammatico appello sul settimanale francese Le Point di centinaia di studiosi e intellettuali (la femminista Élisabeth Badinter, i filosofi Rémi Brague e Jean-François Braunstein della Sorbona, la politologa Chantal Delsol, Didier Sicard ex presidente del Comitato di bioetica e tanti altri) contro l’ideologia transgender fra i bambini: “Noi scienziati, medici e studiosi delle scienze umane e sociali, facciamo appello ai media per presentare fedelmente studi seri e scientificamente accertati riguardanti il ‘cambiamento di genere’ dei bambini nei programmi destinati ad un vasto pubblico. Troppi programmi trasmettono inequivocabilmente le affermazioni infondate degli attivisti trans, spesso senza obiettività. Bambini e adolescenti vengono esibiti in programmi tv con i genitori per mostrare quanto sia benefico il cambiamento di genere (eufemismo per parlare di sesso), senza che nessuno esprima la minima riserva o fornisca dati. Gli scienziati critici vengono insultati prima di qualsiasi dibattito. Questi programmi ripetitivi hanno un effetto di indottrinamento sui giovani e i social lo accentuano. In quanto scienziati, professionisti dell’infanzia e accademici, ci opponiamo fermamente all’affermazione che donne e uomini siano semplicemente costrutti sociali o identità percepite”.

 
L’autrice di “Harry Potter”, J. K. Rowling, lo aveva scritto e per questo è stata minacciata di morte, dileggiata, demonizzata e boicottata: “La società è sull’orlo di uno scandalo medico che sta per scoppiare”. Per anni questo dogma è stato considerato intoccabile, ora ne assistiamo al crollo. Ma non sarà indolore. Perché come fa notare la celebre scrittrice Lionel Shriver sullo Spectator di questa settimana, “stiamo giocherellando con i nostri genitali mentre Roma brucia. E il feticcio trans sta facendo danni incalcolabili, spesso permanenti, a bambini che meritano la protezione di adulti adeguati”. Non questo transificio.

Di più su questi argomenti:
  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.