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Aborto a rischio. Come può cambiare la legge negli Stati Uniti

Matteo Matzuzzi

Tra bioetica e religione, l’aria che tira oggi alla Corte suprema è per il ribaltamento di Roe vs Wade

Chi ha seguìto il dibattito alla Corte suprema sul caso Dobbs vs Jackson Women’s Health Organization ha tratto una sola conclusione: sarà difficile, stavolta, trovare un compromesso in grado di accontentare più o meno tutti. Perché se è vero che il chief justice John Roberts si è calato nel ruolo che più gli si addice, e cioè quello del tenere unita il più possibile la Corte elaborando soluzioni mediane che evitino spaccature dolorose, i suoi colleghi invece vogliono che si chiuda una volte per tutte il discorso sulla legalizzazione dell’aborto negli Stati Uniti. C’è chi vuole il ribaltamento totale della sentenza Roe vs Wade (Clarence Thomas lo sostiene pubblicamente da anni) e chi, dall’altra parte, è pronto a fare le barricate per difendere il diritto così come riconosciuto nel 1973. L’impressione generale, però, è che dopo la giornata di audizioni a Washington l’ipotesi del rovesciamento della Roe vs Wade sia meno lontana di quanto si potesse immaginare.

 

Diversi giuristi e conoscitori delle dinamiche della Corte, infatti, avevano ipotizzato una specie di soluzione a metà: darla vinta al Mississippi (ricorrente) per quanto riguarda il divieto d’aborto dopo le quindici settimane di gestazione, ma niente di più. E ciò nonostante la netta maggioranza conservatrice della Corte, sei giudici contro tre. Invece, stando al dibattito di mercoledì, il compromesso perde quota. “Non lo escludo, ma non credo che le domande dei conservatori (eccetto Roberts) lo abbiano reso probabile”, ha commentato Ross Douthat sul New York Times. Amy Coney Barrett si è detta d’accordo con Scott Stewart, avvocato generale del Mississippi, quando ha ricordato che l’alternativa all’aborto c’è ed è rappresentata dalla possibilità di dare in adozione il proprio figlio non desiderato. Barrett ha chiesto al rappresentante dell’Amministrazione, Elizabeth Prelogar, se ciò potesse ridurre l’interesse a fare affidamento sull’interruzione di gravidanza.

 

La risposta è stata negativa: “Non c’è niente di nuovo in termini di accesso all’adozione”, possibilità che “esisteva anche prima delle sentenze Roe vs Wade e Planned Parenthood vs Casey”. Brett Kavanaugh ha toccato il punto-chiave, domandando più volte se la Corte suprema debba rimanere neutrale sull’aborto lasciando la decisione ai corpi elettivi (cioè ai singoli stati). Proprio su Kavanaugh si erano concentrate le attenzioni di chi scommetteva sulla soluzione a metà strada che evitasse la sconfessione totale di Roe vs Wade. Il momento clou s’è avuto quando Sonia Sotomayor, giudice associato nominata da Barack Obama (liberal e cattolica), ha chiesto ai legali rappresentanti dello stato del Mississippi se ci fosse una ragione non religiosa che giustificasse il fatto che si era lì a discutere il caso. È un tema che ha interessato i filosofi fin dall’antichità e ancora oggi è dibattuto da ogni religione presente sul pianeta, ha osservato. A quel punto, Sotomayor è stata interrotta dal collega Samuel Alito, conservatore nominato da George W. Bush nel 2005, il quale ha ricordato che l’inizio della vita umana è qualcosa di pre religioso e che interessa eccome anche i laici. Più che etica, ha sostenuto Alito, è questione di bioetica, che trascende le legittime e in qualche caso opposte idee religiose.

 

Al di là delle discussioni religiose e filosofiche – che comunque avranno un peso sulla decisione attesa il prossimo giugno – la parola più menzionata durante la discussione è stata “viability”. La “viability line”, ossia il limite ideale e temporale secondo cui l’aborto sia tollerabile e lecito, o meno. Ventiquattro settimane come ora? O quindici come ha legiferato il Mississippi, che poi però punta all’abolizione tout court dell’interruzione di gravidanza (salvo i casi in cui la madre si trovi in pericolo di vita)? La legale della Jackson Women’s Health Organization ha avvertito che senza una “linea” ogni stato potrebbe decidere di vietare totalmente l’aborto, al che il giudice Alito ha risposto che l’interesse del feto “ad avere una vita” va al di là delle linee fissate sulla carta.

 

Anche qui si fondono considerazioni legali, scientifiche ed etiche. Alla fine, però, potrebbe decidere tutto la politica. Douthat ha scritto che “è una situazione particolare in cui si presume che nessuno dei giudici conservatori pensi che le sentenze Roe o Casey siano state decise in modo corretto, quindi la domanda da farsi è fino a che punto si comporteranno come politici – qualcosa che Roberts in particolare è sempre pronto a fare – anziché seguire semplicemente le proprie convinzioni legali”.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.