L'esecuzione di Alfie Evans è rinviata. Per ora

Redazione

Interviene l'Ambasciata d'Italia in Gran Bretagna: se i medici procedono con il protocollo di estubazione verranno denunciati per omicidio di un cittadino italiano. Ora il caso diventa diplomatico

[Notizie aggiornate alle 19.04]

 

La vicenda del piccolo Alfie Evans diventa un caso diplomatico. La procedura di distacco dalle macchine che lo mantengono in vita, inizialmente prevista per le 13 ora italiana, successivamente rinviata alle 14.30, poi di nuovo alle 18.30, è stata sospesa e per oggi non verrà avviata. A bloccare l'esecuzione della condanna a morte da parte dei medici l'intervento del governo italiano che ha concesso la cittadinanza italiana al bambino.

 

Subito dopo l'ambasciata italiana in Gran Bretagna ha chiesto all'Alder Hey Children's Hospital di fermare l'estubazione, altrimenti i medici saranno denunciati per l'omicidio di un cittadino italiano. La Nuova Bussola Quotidiana racconta che il padre di Alfie, Thomas, ha spiegato all'ambasciatore che il bambino verrà ucciso con dei farmaci malgrado l'eutanasia non sia legale in Gran Bretagna.

Lo stesso genitore, poco prima, aveva rivolto un appello al ministro degli Esteri Angelino Alfano: “Aspettiamo che contatti il ministro Boris Johnson”. La vita del piccolo Alfie, quindi, è nelle mani della diplomazia.

 

Il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, l'arcivescovo Vincenzo Paglia, ha diramato un comunicato nel quale invita tutti a “procedere in modo il più possibile condiviso”. “Solo nella ricerca di un'intesa tra tutti - un'alleanza d'amore tra genitori, famigliari e operatori sanitari - sarà possibile individuare la soluzione migliore per aiutare il piccolo Alfie in questo momento cosi' drammatico della sua vita - si legge nella nota -. La drammatica vicenda di Alfie Evans continua a suscitare una profonda risonanza emotiva. Considerando gli sviluppi di cui siamo testimoni non possiamo sfuggire a un forte disagio, dovuto soprattutto alla sensazione di trovarci in un vicolo cieco in cui tutti rischiamo di rimanere sconfitti”.

 

  

Intanto la presidente dell'ospedale Bambino Gesù, Mariella Enoc, arrivata in mattinata a Liverpool con un medico anestesista, ha raccontato a Tv2000 che i vertici dell'ospedale britannico si sono rifiutati di riceverla: “Sento tutta la mia impotenza. Sono qui e sono a disposizione qualsiasi cosa mi chiedano. L'ospedale sa che sono qui ma mi hanno detto che non mi vogliono ricevere”.

“Il Bambino Gesù - ha aggiunto - è un anno e mezzo che segue questa vicenda, cercando sempre di non fare rumore. Il papà di Alfie mi ha chiesto in modo molto convincente di venire e portare loro la nostra solidarietà. Speravo di poter parlare con qualcuno ma questo non è stato possibile. Sono venuta qui con una piccola speranza ma credo che non si possa far niente. È la seconda volta in poco tempo che mi trovo a gestire questi casi. È molto faticoso e doloroso perché alla fine non si riesce a fare nulla. Non dobbiamo vivere il singolo caso ma fare delle riflessioni più culturali e meno ideologiche cercando di far sì che in tutto il mondo si rispetti la scelta. È una situazione davvero difficile. Vivo in una realtà in cui i casi come Alfie sono tantissimi e le mamme dell'ospedale mi hanno chiesto di fare qualcosa. Mi hanno anche detto 'voi qui i nostri figli li lasciate vivere'. Nessuno di noi vuole fare accanimento terapeutico ma un accompagnamento più sereno potrebbe essere fatto”.

 

L'ospedale vaticano è comunque pronto a ricevere Alfie. La cittadinanza italiana non rende automatico il suo trasferimento in Italia. Il ricovero, riferiscono fonti dell'ospedale all'Agi, consentirebbe allo staff sanitario del Bambino Gesù di non staccare il respiratore (“in Italia sarebbe impensabile su un minore, tanto più senza l'assenso dei genitori”, spiegano. Alfie verrebbe tracheostomizzato, per evitargli i sondini invasivi con i quali respira e si nutre, e gli sarebbe praticata una Peg per la nutrizione artificiale. Tutti interventi, sottolineano i medici romani, che potrebbero consentire al bambino addirittura di essere curato a casa, e trascorrere con la famiglia il tempo che gli resta. 

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