Marco Cappato con la madre di Dj Fabo (foto LaPresse)

Com'è inumano essere condannati a morire tenendo per mano un radicale

Ugo Cornia

Testamento biologico, fine vita, stato pilatesco

Vorrei dire due cose intorno al caso della morte di dj Fabo. Intanto devo dire che io, personalmente, anche se la cosa mi spaventerebbe molto, non ho mai trovato niente di male nell’idea di suicidarsi. Oppure, diciamo meglio, di voler porre termine alla propria esistenza. Non vedo perché proibirlo. Hai 87 anni, non ne hai più voglia, seduto sul davanzale della finestra fai finta di giocare coi piccioni, ti sposti un po’ in modo da perdere l’equilibrio, e via: non ci sei più. Ma il caso non è questo. Se potevi, ti saresti già buttato giù dalla finestra. Ma sei in una condizione che per porre fine alla tua vita hai bisogno che qualcuno ti aiuti. La tua vita per te, per i più svariati motivi, non è più tollerabile, non la vuoi più. Vivendo, senti ed esprimi un singolare e locale orrore del mondo. Qualcosa di peggio di un super ergastolo. Ma da solo non ce la fai. E chi ti aiuta? Chi ti aiuta, credo di aver capito, diventa complice di un assassinio. In Italia a farlo nel miglior modo possibile, non ci sono né personale tecnico, né strutture che possano aiutarti. All’estero, invece, in certe nazioni non è così. C’è tutto un personale tecnico che ti può aiuta e non è più un reato.

 
Bene. Ma quello che volevo dire è quest’altra cosa. Ecco a che cosa lo stato italiano obbliga certi individui: partire per la Svizzera in macchina e farsi cinque ore di viaggio con un radicale. Il radicale guida la macchina per te, perché tu non ce la fai più. Arrivi alla clinica. Si preparano le cose. Ecco: adesso puoi morire. Finalmente riesci a morire e te ne vai dall’intollerabile. Ma che cos’è che succede? Passerai gli ultimi tuoi momenti su questa terra stringendo per mano un radicale (e qui voglio dire che per tante cose io ho sempre trovato ottimi i radicali, li ho anche votati qualche volta). Perché lo stato italiano ti mette nella situazione di dover morire tenendo per mano un radicale? Mentre uno invece avrebbe desiderato morire stringendo la mano di sua madre, o della sua fidanzata. Magari io avrei voluto morire, se la vita non mi era più tollerabile, guardando per l’ultima volta una finestra di casa mia, che mi è sempre stata tanto cara, tenendo per mano la mia vecchia fidanzata. Non vorrei morire tenendo per mano un radicale. E anche il radicale, lo fa per una giusta battaglia sui diritti, che si sente di dover portare avanti, ma anche lui avrebbe preferito passare una giornata con la sua vecchia fidanzata o con chi vuole.

 

Questo fatto, che lo stato obblighi chi non ha alternative, a dover passare le ultime ore della sua vita con dei radicali io lo trovo inumano. Oppure, se possiamo paragonare lo stato a un omone grande, che si curi di te nei momenti in cui ne hai bisogno, lo trovo veramente in-statale. Per questo motivo mi sentirei di consigliare a tutte quelle persone che pensano che possa venirgli qualche brutto accidente, fortemente invalidante e tale da rendere la vita insopportabile (che secondo me siamo tutti) a farsi un’amante in Svizzera, una donna bella ma soprattutto buona, magari non troppo ossessivamente monogama, la donna che vorresti che ti tenesse la mano mentre te ne vai, visto che lei può farlo senza andare in galera, mentre l’altra, la tua fidanzata o moglie italiana, non può farlo, se no finisce in galera. Se ci riesci, fatti anche un figlio illegittimo in Svizzera, in modo da avere una piccola famiglia che ti fa compagnia mentre te ne vai. E anche i tuoi affetti italiani, scegliteli tolleranti e non ossessivamente monogami, perché devono essere contenti che tu abbia queste situazioni affettive parallele in Svizzera per un tuo ipotetico fine vita. Morire soli e in terra straniera non è bello. È brutto che sia uno stato a obbligarti.

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