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La vera fase 2 della tecnologia: colmare il digital divide

Marco Giorgio

Una delle cose che il lockdown ci ha fatto capire è l’importanza degli strumenti tecnologici, approfittiamone per una vera rivoluzione digitale

Mesi di lockdown (termine che abbiamo imparato a conoscere e che in italiano suonerebbe più o meno come isolamento, probabilmente meno bello da immaginare) ci hanno fatto capire tantissime cose. Tra queste, sicuramente c’è l’importanza della tecnologia. Perché nel momento in cui siamo stati tutti confinati in casa (soprattutto nelle zone urbanizzate), la connessione digitale è diventato l’unico mezzo di socialità e di scambio informativo. Tanto si è detto del “distanziamento sociale”, ma sarebbe più opportuno chiamarlo “distanziamento fisico”, perché la pandemia da SARS-CoV-2 (che provoca la sindrome Covid19) ci ha sicuramente tolto la vicinanza fisica ma la tecnologia può restituirci quella sociale.

Ad esempio, in periodo di lockdown abbiamo iniziato a conoscere (e amare o odiare) la teledidattica (o DAD, didattica a distanza) che, al di là delle polemiche, si è dimostrata una risorsa strategica per le scuole e, per certi aspetti, ha consentito una minima continuità alle attività di formazione in un momento di emergenza sanitaria. Per funzionare e affermarsi questo nuovo modello di “fare scuola” non richiede solo di destreggiarsi tra piattaforme di e-learning, contenuti multimediali e inediti approcci didattici, ma un requisito fondamentale: strumenti tecnologici hardware (pc, dispositivi, banda larga) e software (applicativi e piattaforme streaming).

In questo contesto sono però emerse delle criticità, soprattutto in alcune parti d’Italia o particolari zone delle grandi città. Prima tra tutte l’assenza di disponibilità di device tecnologici per un terzo delle famiglie italiane. Secondo una recente indagine ISTAT, infatti, circa il 14,3% delle famiglie con almeno un minore non possiede un computer o tablet, e solo nel 22,2% delle famiglie ogni componente ha a disposizione un pc o tablet. È facile quindi pensare come non sia facile per tutti avere accesso a contenuti digitali.

Sono così partite diverse iniziative, istituzionali o benefiche, per risolvere le mancanze dovute al digital divide. Vere e proprie campagne di “solidarietà digitale” con le quali i player tecnologici (da Google a Vodafone, da Iliad a Oracle e tanti altri) hanno offerto gratuitamente o attivato alcuni servizi per supportare chi era costretto a restare a casa.

Oppure, campagne per la raccolta e donazione di dispositivi tecnologici e distribuirli agli studenti che ne abbiano necessità. Come il progetto "Tutti Connessi" della Città di Torino (da sempre pioniera di progetti culturali e giovanili), attraverso il quale è possibile per chiunque donare dispositivi tecnologici, modalità semplice, che ora è stata replicata in tante altre città e realtà benefiche.

O, ancora, c’è chi – come Futurmakers, in collaborazione con Rekordata – ha messo a disposizione il proprio know-how per offrire un supporto alla continuità scolastica, aprendo gratuitamente un canale YouTube di contenuti legati alla tecnologia, alla scienza e al mondo digitale, soprattutto in chiave didattico-ludica, liberamente offerti a tutti gli studenti e docenti, inclusi gli ambiti degli strumenti di telelavoro e smart working, usufruibili da tutti i ‘nuovi’ lavoratori digitali’.

Ora, se tutto proseguirà positivamente, ci stiamo avviando verso la fine del lockdown e in molti paesi, tra cui l’Italia, è iniziata la fase 2, con la riapertura di molte attività e, in alcuni casi, delle scuole. Se prima i problemi legati al gap digitale potevano apparire come “roba da nerd” fissati, ora è chiaro che avere una diffusione capillare – e soprattutto in tutte le fasce sociali – di dispositivi tecnologici e avere connessioni a banda larga sia di fondamentale importanza. Perché la tecnologia, se ben pensata e ben usata, oggi è veramente in grado di unire anche ciò che, di per sé, sarebbe distante.

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