Bandiera Bianca

La giusta sfiducia di Bret Easton Ellis nel pubblico

Antonio Gurrado

In tre righe di "Le schegge" l'autore ci spiega perché siamo barricati dietro la pretesa di capire tutto e l’illusione di capirlo subito

Sono tre righe su settecentotrentasette pagine ma bastano, sono tre righe teoriche in un romanzone denso di eventi, sono tre righe di inciso ma descrivono tutta una poetica. A pagina 38 de “Le schegge” (Einaudi), Bret Easton Ellis si lascia andare a un “quanto ci mancano quei trailer che non svelavano il film da cima a fondo come fanno quelli odierni”. Considerazione estemporanea ma che racchiude tutta la sfiducia dell’autore nei confronti del pubblico; sfiducia giustificata, nell’epoca in cui, a furia di rivendicare trasparenza, ci siamo barricati dietro la pretesa di capire tutto e l’illusione di capirlo subito. Non andiamo a vedere un film se prima un trailer non ce lo spiega per filo e per segno, non compriamo un romanzo se non possiamo ridurlo a inequivocabile storia vera. A quel punto mancano ancora seicentonovantanove pagine alla fine de “Le schegge”, ma Ellis ha già spiegato – in tre righe che parlano d’altro, questo è talento – quali lettori resteranno spiazzati di fronte al suo memoriale inventato, alla sua storia dalla morale ambigua. Quelli che vanno a vedere un film solo dopo un trailer dettagliato, quelli che comprano un romanzo ma si accontenterebbero del riassunto.

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