bandiera bianca

Menarsi col tricolore

Antonio Gurrado

Se anche Meloni si fosse messa a sdottorare sulla bandiera, gli stessi che, appena si è detta impreparata, sono subito diventati esperti di araldica, avrebbero notato l’occasionale imprecisione o l’omissione decisiva

La bandiera dei tre colori sempre è stata la più bella: noi vogliamo sempre quella, noi vogliam la libertà di farne strumento di polemica, di accapigliarci per futili motivi, di usarla perfino per rinfacciare ai patrioti che non lo sono abbastanza. Nel fine settimana, Giorgia Meloni ha glissato su quali siano le motivazioni storiche per cui la bandiera italiana è fatta così. Certo, mi sarebbe piaciuto sentirla rispondere che tutto rimonta a Étienne Marcel, un mercante di panni francese elevato a borgomastro il quale, durante la Guerra dei cent’anni, decise che rosso e blu sarebbero stati i colori del gonfalone di Parigi; e che, durante la Rivoluzione francese, la spinta eversiva che aveva come epicentro la capitale indusse ad aggiungere quei due colori al bianco dello stendardo borbonico, così da ottenere le tre bande che ancor oggi caratterizzano la Francia; e che nel 1797 la Repubblica Cispadana le scopiazzò sostituendo al blu il verde per motivi non cristallini, chissà forse per mancanza di altro tessuto; e che Carlo Alberto, guidando l’alleanza del Regno di Sardegna e altri stati della penisola durante la Prima guerra d’indipendenza, volle issare il tricolore col sacrificio del tradizionale azzurro di Casa Savoia, tuttora caratteristico delle divise sportive; e che, e che, e che.

  

Sarebbe comunque stato inutile: se anche Giorgia Meloni si fosse messa a sdottorare così antipaticamente come ho appena fatto io, subito sarebbero saltati su tutti a notare l’occasionale imprecisione, l’omissione decisiva, l’eccessiva attenzione a un simbolo desueto, la mania per un passato polveroso, il sintomo di un preoccupante nazionalismo. Sarebbero stati esattamente gli stessi che, appena Giorgia Meloni si è detta impreparata, sono istantaneamente diventati esperti di araldica patria, feriti nell’orgoglio perché non sa che il verde potrebbe essere stato ispirato dalla marsina della Guardia civica milanese ai tempi del passaggio di consegne fra il conte di Firmian e il feldmaresciallo Wilczeck sotto l’arciduca Ferdinando Carlo d’Asburgo-Este. È il nostro carattere nazionale: usare la bandiera soltanto perché vogliamo suonarci l’un l’altro il pennone sulla testa.

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