(foto Ansa)

bandiera bianca

Fa caldo a novembre? Pascoli aveva già spiegato tutto

Antonio Gurrado

A furia di informazioni sul riscaldamento globale, ci siamo dimenticati delle poesie che descrivevano al meglio questa stagione autunnale

Gemmea è l’aria, il sole così chiaro che i quotidiani ospitano approfondite interviste a meteorologi agitati, mentre in tv fioccano servizi su gente stravaccata nei parchi o dedita alla balneazione autunnale; mentre sui social, megafoni dell’ovvio, le bacheche grondano di allarmismo e indignazione per questa estate fuori stagione. “Gemmea è l’aria, il sole così chiaro che tu ricerchi gli albicocchi in fiore”, scriveva nel 1891 Giovanni Pascoli, il poeta della quinta elementare, descrivendo la stessa sensazione che proviamo oggi: il cielo sereno, un’aria primaverile presto spezzata da refoli freddi, il sole che rinuncia a innalzarsi più di tanto.

“È l’estate, fredda, dei morti”, spiega ascrivendo il fenomeno a una tradizione legata al calendario, una stramberia che bene o male si ripresenta ogni anno; per questo non intitola la poesia “Riscaldamento globale” né “Salviamo il pianeta” ma con un semplicissimo, piano “Novembre”. Paroletta che ci direbbe molte cose se ultimamente non avessimo studiato così tanto il cambiamento climatico da dimenticare le poesie che imparavamo a memoria in quinta elementare.

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