bandiera bianca

Una questione di rispetto (della grammatica)

Antonio Gurrado

Una grande conquista della civiltà è che chiunque si identifichi come qualcosa ha diritto di essere riconosciuto come tale e denominato di conseguenza. Tranne "il presidente" Giorgia Meloni, a quanto pare

Dunque, ricapitolando: una grande conquista della civiltà è che chiunque si identifichi come qualcosa ha diritto di essere riconosciuto come tale e denominato di conseguenza. È, banalmente, una questione di rispetto. Se la vicina di casa si identifica come maschio, è buona norma che sul pianerottolo le si dica “Buongiorno, signor Rossi”. Se il figlio di un amico si chiama Gesualdo ma preferisce farsi chiamare K. o V. o Q., foss’anche perché ha letto troppi romanzi, va assecondato e chiamato a seconda K. o V. o Q. Se una studentessa si identifica in Caligola, il professore deve saggiamente accondiscendere e consentirle di nominare senatore un cavallo. Idem, se il nonno è convinto di essere una bambina di nove anni, non solo va lasciato circolare col tutù rosa ma magari si deve anche accompagnarlo per mano a comprare le bambole. E, se un asessuale ci taglia la strada in macchina, possiamo sì apostrofarlo ma col suffisso inclusivo tipo Biascica in “Boris”: “A’ merdu!”. In tutto ciò Giorgia Meloni ha fatto sapere che preferisce essere chiamata presidente del Consiglio, al maschile, perché si identifica in un presidente del Consiglio. E giù tutti a dire che la grammatica ha le sue regole, che deve farsi chiamare presidentessa, e che quella antiquata sarebbe lei.

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