bandiera bianca

Il dejà vu dell'uno vale uno grillino nel voto per il Quirinale

Antonio Gurrado

Tra quelli scritti sulle schede, anche una tiritera di nomi ignoti di persone qualsiasi. Esattamente quello che erano gli eletti del M5s fino a qualche anno fa

Vorrei qui esprimere la mia solidarietà al presidente della Camera dei deputati, onorevole Roberto Fico, per essersi visto costretto a intrattenere gli italiani all’ora di cena leggendo in tv una tiritera di nomi ignoti di persone qualsiasi, misteriosi quidam chiamati Ciaraffo e Sovena, Sossio e Pierantoni, Rimanti e Rimonti, Cavallo e Violino.

Non posso però fare a meno di notare che questi voti dispersi imbizzarriti sono la traduzione in concreto del principio dell’uno vale uno; secondo cui ciascuno di quei misteriosi vale, a rigore, tanto quanto Mattarella e Draghi, Letta e Salvini, Berlusconi e D’Alema. Del resto il cardine fondativo del MoVimento 5 Stelle era che le più alte cariche potessero essere indifferentemente ricoperte da appassionati di musica neomelodica e ispettori assicurativi, segretari d’ufficio e steward dello stadio, avvocati dauni e studiosi di sirene. Né si può negare che, fino a non molto tempo fa, i cognomi Di Maio, Taverna, Raggi, Toninelli eccetera non ci avrebbero detto nulla più di quella sfilza di sconosciuti; all’epoca erano loro Ciaraffo e Sovena, erano loro Cavallo e Violino.

Quindi quei cognomi imperscrutabili dovevano fare ieri al presidente della Camera lo stesso effetto che ci fanno i teschi sui frontoni delle chiese purgatoriali, ammonendo grossomodo: “Io sono ciò che tu eri, sarò ciò che sei”. E infatti, a un certo punto della conta, da una scheda spuria è stato letto il cognome rivelatore: Grillini.

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