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Bandiera Bianca

Nel Kent si difende la gioventù "woke" e "snowflake"

Antonio Gurrado

La preside di una scuola della contea britannica condanna chi etichetta i ragazzi caratterizzati dall’impegno sociale nel #blacklivesmatter. Difendere i più giovani con l'idea che debbano essere trattati da adulti. Cortocircuito 

La preside di una scuola nel Kent ha preso nettamente posizione contro le persone che chiamano “woke” o “snowflake” i ragazzi caratterizzati dall’impegno sociale nel #blacklivesmatter, o nel #metoo, o contro il #climatechange, o a sostegno dell’identità #lgtbqi, o in favore dello sparpaglio di #schwa, eccetera eccetera. Secondo la preside l’utilizzo di questi termini da parte degli adulti è di per sé denigratorio, sia che riprenda sostantivi coniati appositamente per insultare e deridere (come appunto “snowflake”) sia che estrapoli dal contesto originario una terminologia sorta all’interno di un movimento identitario (come appunto “woke”).

Inoltre, argomenta la preside, nell’utilizzo di questi termini gli adulti non solo praticano paternalismo e condiscendenza ma dimostrano un’incomunicabilità di fondo fra generazioni, pretendendo di tacitare i giovani impossessandosi del loro linguaggio. La preside soprattutto è adamantina su un punto fermo: con la loro spinta propulsiva al progresso della società, i giovani stanno dimostrando di saper badare a sé stessi e di essere maturi abbastanza da assumersi la responsabilità delle sorti del mondo, pertanto il linguaggio denigratorio nei loro confronti è inaccettabile in quanto è soltanto un modo ottuso per evitare di trattarli come meritano, cioè da adulti. Che, come tutti gli adulti, hanno bisogno di venire difesi dalla preside.

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