Bandiera bianca

"Il sosia" di Dostoevskij va in scena a San Pietroburgo

Antonio Gurrado

Alle elezioni municipali della città russa corrono in tre, ma hanno tutti lo stesso nome

È un poema pietroburghese quello di cui ci giunge notizia dalla Russia, dove un candidato dell’opposizione antiputiniana alle comunali, Boris Vishnevskij, ha visto spuntare fra i propri concorrenti due signori esattamente uguali a lui, con la stessa stempiatura e la stessa barba, che si chiamano uno Boris Vishnevskij e l’altro, invece, Boris Vishnevskij. Storia identica al poema pietroburghese di Dostoevskij, l’ambiguo e inquietante romanzo “Il sosia”, in cui il signor Goljàdkin si vede minacciato e scalzato nel proprio impiego da un altro signor Goljàdkin, il quale non solo gli somiglia tantissimo ma per giunta si chiama Jàkov Petròvič esattamente come lui. Alle comunali di San Pietroburgo hanno puntato sulla quantità – tre sosia anziché due – lesinando un po’ sulla qualità, dato che i tre Vishnevskij a ben guardare sono un Boris Lazarevič, un Boris Gennadevič e un Boris Ivanovič, cosa che tecnicamente li rende distinguibili (ma io, che ho appena controllato, già non ricordo chi sia l’originale). Nel romanzo di Dostoevskij il servo Petrùška, che incarna la vox populi, sbotta dicendo che una brava persona non è mai due per volta; figuriamoci tre, diranno gli elettori pietroburghesi. E l’esasperato Goljàdkin originale sogna di venire diffamato dall’altro Goljàdkin al punto che lo si accusi di essere lui la copia, finché i sosia si moltiplicano e proliferano al punto da venire tutti arrestati in una retata. Temo che un incubo del genere possa averlo spesso anche uno dei Boris Vishnevskij; anzi, forse lo hanno tutti e tre.

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