Alessandro Zan, primo firmatario del ddl contro l'omotransfobia (foto LaPresse)

bandiera bianca

Il ddl Zan e lo strano travaso tra la piazza e il Parlamento

Antonio Gurrado

Nel dibattito sul disegno di legge contro l'omotransfobia alcuni parlamentari hanno manifestato fuori dall'Aula: mandano rappresentanti fuori dalle istituzioni perché facciano populismo

Tutti guardano la luna del ddl Zan – le nobili questioni dei diritti, della parità e dell’identità – ma io mi distraggo a guardare un ditino: mentre in aula impazzava il dibattito parlamentare, dei parlamentari hanno manifestato fuori dal Parlamento. Lo hanno fatto sia i favorevoli sia i contrari, e addirittura il firmatario eponimo della legge. Può voler dire tre cose. O che in realtà il Parlamento non serve a niente, quindi i parlamentari ritengono più utile disertare il dibattito e imbracciare il megafono. O che sulle nobili questioni dei diritti, della parità e dell’identità conta solo il tono della voce, qualsiasi posizione si tenga, ergo l’argomentazione ricava maggiore forza quando viene liberamente urlata. Oppure che l’Italia è una stramba democrazia rappresentativa in cui, anziché essere il popolo a mandare dei rappresentanti in Parlamento perché facciano politica, sono i politici a mandare dei rappresentanti fuori dal Parlamento perché facciano populismo. A ogni modo, se dei parlamentari preferiscono stare all’esterno del Parlamento anziché all’interno, basterà ricordarsene alle prossime elezioni.

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