(foto Ansa)

Bandiera Bianca

Ci vorrebbe un processo per indagare sulla durata di un processo

Antonio Gurrado

Il caso di un uomo accusato di aver esporto foto osè e ricattato una giovane donna. E del perché dopo anni il dibattimento sia iniziato solo ora

Va a processo un galantuomo accusato di avere estorto foto osé a una giovane donna piemontese, di averle diffuse fra gli amici e di averla ricattata minacciando di stamparle e appenderle nei pressi della caserma in cui lei, nel frattempo, aveva iniziato a prestare servizio come carabiniere. All’inizio della storia la vittima aveva diciannove anni; ora ne ha trentaquattro. Il processo sarà dunque l’occasione per stabilire tre dettagli piuttosto rilevanti.

 

Anzitutto, la colpa dell’accusato riguardo al fatto che a partire dal 2005 la vittima gli abbia inviato le proprie foto all’interno di un rapporto virtuale che lei credeva essere con un coetaneo ma che invece era con un ultraquarantenne che, per giunta, si spacciava egli stesso per carabiniere. Poi, la colpa dell’accusato riguardo al fatto che nel 2010 la vittima, facendo il proprio ingresso nell’Arma, abbia preteso il troncamento della relazione venendo però indotta dall’uomo a continuare, tramite le minacce di cui sopra. Infine, la colpa dell’uomo riguardo al fatto che la vittima sia riuscita a sporgere denuncia solo nel 2015, trascorrendo con ogni probabilità cinque anni di prostrazione dovuta al condizionamento da parte dell’uomo e alla paura per le sue ritorsioni. Così, una volta appurate queste responsabilità, si potrà magari procedere a capire per colpa di chi o di cosa il processo sia iniziato altri cinque anni dopo, come se niente fosse.

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