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Sconsacrate o meno, le chiese restino luoghi di rifugio per i poveri

Antonio Gurrado

Il Vaticano vuole vincolare l'usufrutto degli edifici ecclesiastici. Contro la nostra smania di spendere ovunque

Non è per bigottismo, credo, che il Vaticano sta pensando d'ora in avanti di vincolare l'usufrutto delle chiese sconsacrate a fini sociali. Farne una biblioteca, una mensa del povero, un centro anziani o disabili andrà bene; farne una pizzeria o una discoteca o un negozio d'abbigliamento no. Pare che la goccia sia stata la festa di Halloween organizzata qualche settimana fa nell'ex chiesa di San Giovanni all'Olmo, nel centro storico di Napoli, le cui foto macabre un po' scollacciate hanno destato qualche scandalo sui social.

 

Ora, dipende dalla concezione di progresso che si ha. Potrebbe sembrare che aprire un luogo sacro dismesso a chi vuole esercitare il diritto di andare a una festa, bersi una birra o comprarsi un abito sia un incremento della libertà e che, quindi, la mossa della Santa Sede costituisca da questo punto di vista un passo indietro, un'opera da guastafeste che non vogliono lasciare la gente libera di divertirsi come crede. Se però la si guarda dal lato opposto, ci si accorge che la festa di Halloween era un evento a pagamento, e che nelle pizzerie si paga il conto, e che i negozi non distribuiscono vestiti gratis. La caratteristica invece delle chiese è che sono aperte a tutti (salvo gli sporadici casi di simonia turistica a Venezia e Firenze) quindi costituiscono da sempre l'ultimo rifugio dei derelitti, dove anche chi non ha un soldo può riposarsi seduto e ripararsi dal freddo o dal sole anche se non vuole parlare con Dio. Una volta sconsacrata la chiesa, il criterio deve restare lo stesso: per entrare in un centro di aiuto non si paga, idem per la mensa del povero o per la biblioteca. Sotto quest'aspetto, la mossa della Santa Sede diventa una mossa per proteggere la libertà dei poveri dalla nostra smania di spendere ovunque.

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