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Perché agli italiani piace costruirsi antipapi

Antonio Gurrado

Papa Francesco continua a dividere tradizionalisti e progressisti. Ma, dopo il Forum delle famiglie, questa volta le parti sono invertite

In Italia abbiamo talmente a cuore la tradizione degli antipapi che ce li fabbrichiamo su misura. Bergoglio, ad esempio, fu additato addirittura come indegno dai più tradizionalisti ai tempi del famoso “Chi sono io per giudicare?”, mentre questo normale esercizio di misericordia fece sdilinquire i progressisti che vi scorsero il segno di una Chiesa che finalmente si apriva al mondo. Dopo l’intervento al Forum delle famiglie tuttavia le parti si sono invertite e i progressisti accusano Francesco di tradimento mentre i tradizionalisti plaudono al suo ritorno all’affidabilità.

 

Il fatto che nelle due circostanze il magistero del Papa sia rimasto immutato e siano cambiati solo i titoli dei giornali non pare significativo: per entrambe queste fazioni l’autorità del Papa vacilla a causa del loro disaccordo ma è la miglior conferma delle idee che già nutrivano. Se non con l’autorità è, di certo, un problema col riconoscimento dell’autorevolezza. Se i tradizionalisti credono all’assoluto, non dovrebbero avere problemi a piegare il capo dinanzi a un parere più elevato del loro. Se i progressisti confidano nel relativismo, non dovrebbero storcere il naso nell’ammettere che il capo di una religione abbia diritto a esprimere la propria dottrina. Soprattutto, tradizionalisti e progressisti dovrebbero concordare sulla competenza: per quanto forti possano essere le mie opinioni, sono abbastanza modesto da ritenere che quelle di un pontefice debbano essere più profonde e meglio circostanziate di quelle che posso estemporaneamente esprimere sui social. Altrimenti, credo, avrebbero fatto Papa me. 

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